Martin: «Siamo passati dai tagli poveri al pronto e cuoci, che peccato»

Parla il presidente del Consorzio Sotto il Salone, quasi mezzo secolo da raccontare: «Ci siamo ripresi dalla recessione, ora puntiamo anche su take-away e aperture serali» 

PADOVA. Lui è il capitano di lungo corso di Sotto il Salone, uno che ha cominciato a lavorarci da piccolissimo, sotto padrone, 48 anni fa, per poi prendere una bottega che porta il suo nome, 32 anni fa. Dal 2015 è presidente del Consorzio delle botteghe Sotto il Salone e sotto la sua direzione negli ultimi due anni l’antico mercato nel cuore di Padova ha avuto una svolta. Sta cominciando a vivere una nuova primavera.

Parliamo di Paolo Martin, 57 anni, che racconta il “suo” salone da dietro il bancone della macelleria mentre taglia costicine di agnello («3 chili per favore, agnellino sardo grazie») e prepara rotoli da fare arrosto, il tutto per i pranzi pasquali. Che le prenotazioni piovono.

Come era il Salone 50 anni fa, quando lei ci ha messo piede la prima volta?

C’era così tanta gente che ti portava via. Una folla. Metti che non c’erano i centri commerciali, metti la diversa mobilità, metti che era il cuore pulsante della città. Poi attorno al Salone si vendevano le uova accartocciate con la carta di giornale e nella piazza dei Frutti c’erano i venditori di lepri, galline, pulcini, uccelli.

All’epoca quali tagli di carne vendevano le macellerie?

I tagli più poveri, niente costate o filetti, ma le carni e le galline da bollito, e poi pollo, faraona e anatra da arrosto.

E adesso?

Adesso la macelleria si è evoluta nel “pronto e cuoci” perché non c’è più tempo e voglia di cucinare.

Quando il Salone ha cominciato a soffrire?

Dal 2011 quando c’è stata la recessione: è stato un problema grosso ma sempre meno dei nostri colleghi fuori, noi abbiamo potuto stringere i denti e andare avanti, il Salone resta sempre il Salone.

E larisalita?

Dua anni fa quando il Salone è cambiato, si è modernizzato. Ora ci sono attività, come quella del pesce da mangiare subito, il negozio di pizze, quello di pasta. Il take away funziona, è la strategia vincente, dà un nuovo appeal al Salone ma senzastravolgere la nostra identità di bottegai. E adesso non c’è più un solo negozio vuoto.

Il take away funziona?

Certo, funziona, come le degustazioni e appunto i pranzi veloci, attirano gente Sotto il Salone ma ripeto senza stravolgerne l’identità».

Su cosa puntate ancora? Le aperture straordinarie? Quelle serali?

Beh, intanto il Salone resta aperto tutti i giorni fino alle 23 per via dei take away mentre gli altri negozi interni chiudono alle 20. Le aperture serali stanno andando molto bene. E poi stiamo lavorando in modo particolare con un apposito progetto di turismo mirato al Salone: ci siamo attivati per “vendere” il Salone in Europa organizzando comitive che vengono apposta per conoscere la storia del Salone, vederlo e fare acquisti.

Siete pronti per il Salone dei Sapori?

Certo, per noi è una grande cassa di risonanza, ci aspettiamo una notevole presenza non solo di padovani.

E le aperture straordinarie?

C’è la festa del Salone che facciamo per l’associazione l’Isola che non c’è che lavora con i bambini malati di tumore, poi il 26 giugno c’è la serata di tango con degustazioni e il ricavato va alla stessa associazione. Abbiamo in programma una serata medioevale in settembre, invece in giugno una cena di gala in piazza delle Erbe. Insomma di carne al fuoco, è proprio il caso di dirlo, ce n’è parecchia. Bisogna avere la pazienza e la capacità di cucinarla.

Insomma, finalmente una nuova vita per il Salone dopo un lungo periodo di difficoltà

Sì, ma non bisogna sedersi sugli allori credendo di essere arrivati all’apice altrimenti ci si ferma e si torna indietro. —

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