Maschio Gaspardo, colosso da 324 milioni

L'azienda di Campodarsego ha 19 sedi tra l'Italia e l'estero e duemila dipendenti. Nel febbraio scorso i primi esuberi
BELLUCO VISITA SILVIO BERLUSCONI DITTA MASCHIO CAMPODARSEGO
BELLUCO VISITA SILVIO BERLUSCONI DITTA MASCHIO CAMPODARSEGO

CAMPODARSEGO. Corre l’anno 1964: Egidio Maschio, operaio meccanico specializzato alla Carraro di Campodarsego, decide di mettersi in proprio. Acquista una saldatrice e, in una stalla, costruisce con il fratello Antonio i primi prototipi di macchine agricole. Maschio Gaspardo - che ha assunto il secondo “cognome” dopo l’acquisizione nel 1993 della Gaspardo seminatrici Spa - conta oggi su 324 milioni di fatturato, il 90 per cento generato all’estero, e 2mila dipendenti. Sono 19 i centri produttivi, 16 in Italia e tre all’estero (in Romania, Cina e India) con 12 filiali commerciali distribuite nei cinque Continenti. A portafoglio compaiono oltre 30 gamme di prodotto: fresatrici, falciatrici, erpitrici rotanti, trincia e seminatrici di precisione, per cereali e macchine passive per la lavorazione del terreno.

L’apertura ai manager. L’ultima notizia in ordine di tempo è l’entrata i primi di giugno di nuovi manager per la gestione dell’azienda: si tratta di Massimo Bordi come amministratore delegato e Paolo Bettin in qualità di Chief Financial Officer (Cfo). La famiglia Maschio è rimasta comunque azionista di maggioranza del Gruppo. Egidio ne era presidente, il fratello Giorgio vice. Antonio è uscito dall’azienda già alcuni anni fa. Il Gruppo ha vissuto negli ultimi anni un enorme sviluppo internazionale che lo ha portato al primo posto in Italia e tra i primi al mondo nel settore delle attrezzature agricole. Tra il 2009 e il 2014 ha più che raddoppiato il fatturato (erano 118 i milioni cinque anni fa), con un tasso annuale di crescita di oltre il 22 per cento. E non ha dovuto aspettare gli effetti del Jobs Act per aumentare i dipendenti, passati da mille a quasi duemila in tutto il mondo.

La crescita. La fase di accelerazione ha una data precisa: è il 2011, in piena crisi, e Maschio apre una fabbrica a Pune, in india. Nel 2013 tocca a Portogruaro con la nuova Unigreen, poi l’acquisizione della Feraboli di Cremona. Nel 2014 l’entrata nel capitale della cremonese Visini Macchine Agricole e la partnership con Friuli Sprayers di Torviscosa (Udine). Il 2014 è l’anno dei festeggiamenti dei 50 anni di attività e nel bel mezzo delle cerimonie, Maschio apre un nuovo stabilimento in Cina, paese dove era presente già dal 2004.

A dicembre 2014 l’azienda abbraccia l’organizzazione snella Lean, ma tra i grandi passi compiuti per il benessere dei dipendenti, nel 2011, c’è la grande bonifica dall’eternit dei capannoni, sostituendo le lamiere con un nuovo impianto fotovoltaico per garantire l’autonomia energetica.

Eco-prodotti in una eco-impresa. Maschio interviene anche sull’illuminazione con nuovi impianti per la luce naturale che portano risparmio e una migliore qualità del lavoro, istallando luci a leed anche per il controllo dei consumi. A novembre 2011 riceve il Premio Sviluppo Sostenibile per l’efficienza ambientale e per i contenuti innovativi dei prodotti. Il premio certifica un percorso iniziato nel 2010 su più fronti, anche a catalogo: seminatrici per semina diretta a ridotto impatto ambientale che riducono le emissioni di C02, mantenendo l’aspetto vegetale e riducendo l’erosione idrica e il pericolo siccità. Grazie a questo prodotto Maschio Gaspardo arriva a Shangai 2010 a rappresentare con orgoglio l’Italia.

Il capitale umano. «La qualità è fatta dalle persone, dagli acciai e dai figli» diceva Egidio. Per questo nel 2012 in piena crisi sigla un «patto» con i propri dipendenti per garantire il posto di lavoro per i successivi tre anni dopo aver appena portato a casa 50 assunzioni nei 4 stabilimenti italiani: a Campodarsego (ampliato di 10mila metri quadri due anni fa), nei due di Cadoneghe e a Morsano al Tagliamento (Pordenone). L’accordo fa storia e notizia. Dopo pochi giorni a La7, in prima serata, arriva a calcare la scena di un noto Talk show televisivo, Alessandro Pasin, 19 anni, operaio, assunto da Egidio, nello stesso stabilimento dove lavora il padre collega. «Noi lavoratori rinunciamo a nuovi premi e ad aumenti e il patron dell’azienda, il signor Egidio Maschio, garantisce a tutti un futuro ancora più sereno», leggeva Pasin nella lettera tenuta da mani tremule. Quei tre anni sono finiti a febbraio 2015. E prontamente è arrivata la comunicazione di 78 esuberi, tramite l’avvio della procedura di mobilità.

I piani per il futuro. Egidio Maschio si era dato un traguardo: 600 milioni di fatturato al 2018, la dimensione giusta per approdare a Piazza Affari. «Da quando sono partito in quella stalla, il mio obiettivo è stato di arrivare sui 300 milioni di fatturato da solo, poi per fare un passo avanti bisogna essere aiutati», aveva confermato in una recente intervista. Il dubbio era: aprire il capitale a terzi o la Borsa? «Per me sarebbe più tranquillo andare in Borsa – precisava -. In passato ho già aperto a una banca ma poi l’ho liquidata perché mi sono sentito forte e robusto. Oggi dico: meglio la Borsa che fondi». I piani anche commerciali erano ambiziosi e miravano alla conquista dell’Africa e del Sud America. I dettagli della crescita sono tutti contenuti nel Piano industriale 2014-18 che prevede 130 milioni di investimenti volti all’espansione nei Paesi emergenti a cui si aggiungono nuove filiali commerciali in Belgio, Ungheria e Bulgaria. «Il debito è contenuto» precisava Maschio tempo fa. Nel 2013 si aggirava sui 100 milioni, il bilancio 2014 però non è ancora stato depositato. Si parla di un raddoppio a 200 milioni. «Indebitarsi è una questione di coraggio - aggiungeva - ma anche di supporto e noi siamo legati a circa 50 istituti tra Italia ed estero».

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