Massimo Bettin (Pd): "Bitonci è il passato, ora lavoriamo per riunire la città"
PADOVA. «Una congiura per far cadere Bitonci? Sciocchezze, si è fatto male da solo. E adesso il suo motto “Prima Padova” lo diciamo noi». Niente vendette, né rappresaglie: non vuole una campagna elettorale al veleno Massimo Bettin, il segretario provinciale del Pd. È stato tra i protagonisti dell’operazione “sfiducia”, agendo da collante tra i dem, le altre aree della minoranza, Forza Italia e i “bitonciani” scontenti. Ora cerca di tenere la barra dritta e lo sguardo rivolto al futuro. Futuro prossimo, ovviamente.
Bettin, è stato lei il grande manovratore della congiura?
«Sciocchezze da telefilm americano, ho agito in coscienza dentro un percorso collettivo».
Nessun complotto, magari ordito da Silvio Berlusconi per colpire Salvini?
«Il complottismo, la ricerca ossessiva del nemico esterno è una tipica attitudine dei deboli e di chi non accetta nemmeno l’idea di poter aver commesso errori. Invece quello che è successo è estremamente semplice e sotto gli occhi di tutti: la maggioranza di Bitonci è letteralmente esplosa».
E voi non avete aggiunto benzina sul fuoco?
«Posso dire che l’opposizione e il Pd non hanno avuto un ruolo passivo. Ci siamo stati. E di questo bisogna ringraziare tutti i consiglieri che si sono trovati a denunciare ciò che non andava in un clima di calunnia, trasparenza zero e a volte anche intimidazione: loro non hanno mai mollato».
Tutto in una notte?
«Macché. Foresta, Rodeghiero, Brunetti, Forza Italia, Russo, Maurizio e Fernanda Saia. Questo processo di disgregazione è durato mesi, altro che blitz notturni. Mi stupisce che Bitonci non ne prenda atto, non fa una gran figura».
Insomma, nega che sia stato un atto politico.
«Ma non vi rendete conto che è sulla opacissima vicenda dell’ospedale a Padova Est e sull’immane spreco di soldi sullo stadio Plebiscito, che il sindaco ha perso la sua maggioranza? La verità è che questa giunta è finita soprattutto perché non è riuscita a produrre fatti veri per i padovani».
Secondo lei c’era un problema di legalità nell’ex giunta?
«Noi abbiamo denunciato molti fatti. Io spesso ho avuto l’impressione che le scelte decisive e importanti fossero prese fuori dai luoghi preposti, luoghi che non conosciamo. I mesi che abbiamo davanti spero serviranno anche a fare chiarezza su varie questioni».
Guardiamo al futuro, che campagna elettorale farà il Pd?
«Sa cosa le dico? Stavolta “Prima Padova” lo dobbiamo dire noi. Non possiamo certo passare sei mesi a rincorrere Bitonci che vuole fare della città il terreno delle sue sanguinose vendette».
E dunque perché “Prima Padova”?
«Ora che Bitonci è il passato, bisogna unire la città. Unirla sulle idee, sul bene comune. Noi dovremo unire là dove l’ex sindaco ha solo frantumato e diviso. Il tempo del livore e dell’odio è finito».
Unità vuol dire trovare un’alleanza ampia. È tempo di grandi coalizioni?
«La prima alleanza per me è con la città e con i tanti mondi che sono stati umiliati. Poi il mandato di costruire lo scenario più giusto per il bene di Padova lo ha il partito cittadino».
Deciderà assieme ad Antonio Bressa, è la sfida dei trentenni?
«Il percorso è già partito ed è nelle mani del segretario cittadino. In questi anni siamo cresciuti insieme, è una persona capace e anche un amico».
E le primarie?
«Abbiamo bisogno di includere tutti, lo dico con sincerità e con l’umiltà che serve per chiedere una mano. Ma stavolta penso serva anche il coraggio di assumerci scelte e responsabilità. Decideremo insieme».
Teme l’effetto Trump?
«Effettivamente gli schemi tradizionali sono ormai saltati. Oggi la sfida è tra populismo e buon governo. Fare di Padova un laboratorio politico nazionale sarà una sfida avvincente. Servono lungimiranza e coraggio. Ma abbiamo l’obbligo morale di dare una speranza alle persone che vivono una parentesi negativa».
Qualcuno però ha visto nella caduta di Bitonci la nascita di una sorta di “comitato di liberazione”.
«Non lo chiamerei così, ma in questi mesi è nato un patrimonio di rapporti umani, di gente che si è data da fare per superare un’emergenza pericolosa. Non va sprecato questo clima costituente, per me sarebbe sbagliato».
Il Pd deve rinunciare alla sinistra?
«Tutt’altro il Pd dovrebbe fissare i suoi valori irrinunciabili: quelli di una sinistra moderna, concreta e a fianco di chi ha meno. E da qui partire con la testa sgombra e senza verità in tasca per allargare e farsi contaminare. Col dialogo possiamo arrivare lontani. E non commettiamo gli errori del 2014, sarebbe un suicidio preventivo».
Sarà lei il candidato sindaco?
«Non credo proprio. Dobbiamo pensare prima all’essere assieme. Non innamoriamoci dei nomi, stavolta conterà l’entusiasmo e la capacità di aggregare passioni ed energie».
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