Massimo Priviero vola sulle “Ali di libertà”

Un nuovo album di inediti dopo sei anni. «Ho messo assieme molti frammenti di vita, ho metabolizzato testi e musica»
Di Michele Bugliari

Il cantautore rock Massimo Priviero, nato a Jesolo ma milanese d’adozione, è appena uscito con il suo nuovo intenso album “Ali di libertà”. Si tratta del suo primo disco di inediti da sei anni a questa parte dell’artista che festeggia 25 anni di carriera. Priviero alla fine degli anni Ottanta con i suoi successi aprì la strada al rock d’autore in Italia, una strada che poi fu percorsa da personaggi come Ligabue e i Negrita.

Il 27 ottobre il rocker presenterà in anteprima live il suo disco al Blue Note di Milano, seguirà un tour che farà tappa anche nel Veneto. Ne abbiamo parlato con lui.

Con il nuovo album “Ali di libertà” lei sembra aver fatto un viaggio nel passato per ritrovare le ragioni profonde del suo essere persona ed artista. «Non avevo mai fatto prima», risponde Priviero, «un album così profondamente autobiografico. Però non si è trattata di una scelta consapevole. Ho scritto quello che sentivo e solo alla fine mi sono reso conto di avere messo insieme tanti frammenti di vita. C’è molto la difesa di quello che sono, del mio modo di stare dalla parte debole del mondo ma anche del mio modo di stare nel mondo della musica. Non ho mai pensato che un certo tipo successo sia un valore di per sé ma al contrario ho sempre messo al centro la mia libertà di artista oltre che di persona.Un artista deve essere libero ed onesto con se stesso se vuole comunicare veramente con il suo pubblico». Con le canzoni “La casa di mio padre” e “Il mare” lei parla esplicitamente della sua adolescenza a Jesolo ma anche di un’Italia che non c’è più. «L’idea della casa a quei tempi era il simbolo della famiglia. Era un modo di stare al mondo, la casa era qualcosa che andava al di là dal senso materiale. Purtroppo però oggi le cose sono cambiate. La casa è quello che le giovani generazioni non sono in grado di permettersi. Hanno tolto un sogno di futuro a questi ragazzi. Non un sogno di ricchezza ma di possibilità di esistere e di stare al mondo in un modo migliore. “Il mare”, invece, è una specie di ritorno alle origini che continuo a tenermi dentro».

Era da sei anni che non usciva un tuo disco di inediti, come mai hai lasciato passare tanto tempo? «In questi ultimi anni sono stato impegnato in tanti altri progetti. Ho inciso il doppio live, una raccolta, “Rock and Poems” e poi ho fatto due lavori teatrali. Così, ho metabolizzate maggiormente le idee che avevo per le nuove canzoni».

Il suono rock continua ad essere un suo punto di forza. «Fin dai miei primi dischi ho cercato di avere un suono che fosse il più convincente possibile. Il mio team attuale è composto anche da persone che lavorano con me da 10 anni. Sono amici prima che dei validi professionisti e così per me è semplice comunicare con loro quando voglio ottenere un risultato particolare in sala di registrazione».

All’epoca del travolgente successo dei suoi primi dischi, “San Valentino” (1988) e di “Nessuna resa mai”, lei ha aperto una strada per il rock in Italia. «Mi tengo le medaglie nel cassetto e ogni tanto lo apro e me le guardo. “San Valentino” fu un grande successo ed è una canzone d’amore diversa totalmente da quelle di quell’epoca. Ho avuto una carriera con alti e bassi, momenti di un certo successo e momenti in cui sono finito in un buco. Però credo di avere aperto una strada in termini rock d’autore che poi è stata percorsa da molti artisti». Tornerai ad esibirsi nel Veneto? «Sicuramente. Anche se non sono in grado di anticipare le date».

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