Mazzata sulla salute, chiesti 58 licenziamenti nella sanità privata
PADOVA. Sono 46 i licenziamenti chiesti dalla società di medicina convenzionata Data Medica, che conta 217 dipendenti. Società che ha quote nelle strutture convenzionate Cemes ed Euganea Medica. Sono 12 su 87, invece, gli esuberi individuati dai vertici del Centro medico di Fisioterapia. Questi i numeri, drammatici, annunciati ieri da Cgil generale e di categoria, ossia da Alessandra Stivali, Paola Fulgenzi e Cecilia dè Pantz e comunicati anche da Katiuscia Rostellato e Daniele Salvador di Cisl e da Fabio Paternicò di Uil. Al momento, in totale, sono già 58 i dipendenti, dei quali due terzi donne, espulsi dal lavoro all’interno del comparto di medicina convenzionata dove, in tutta la provincia, operano 1.300 persone, tra i quali tanti laureati e diplomati. Dopo i tagli lineari annunciati dalla Regione Veneto, a rischiare il posto nella nostra provincia ci sono gli addetti (sono 1.625) che lavorano nel settore della sanità privata. Rischiano quindi di essere lasciati a casa anche alcuni dipendenti della Casa di Cura di Abano, dell’Opera di Provvidenza di Sant’Antonio, di Villa Maria, del Parco dei Tigli, della Nostra Famiglia e del Centro Medico di Foniatria.
«Sulla sanità veneta e padovana in particolare si è abbattuto un uragano», osserva Stivali, della segreteria provinciale della Cgil. «Nei fatti Padova, da sempre capitale sia della sanità pubblica che di quella privata e convenzionata, è la città del Veneto più colpita dai tagli decisi dalla spending review nazionale e dalla Regione. Sono scelte sbagliate che ricadono non solo sulle spalle dei lavoratori dipendenti, ma anche su quelle dei cittadini, che, in futuro, non potranno più contare su servizi socio-sanitari di qualità ed efficienza. Questo perché la Giunta del Veneto non ha mai avuto una vera programmazione regionale».
Durissimi anche i commenti della segreteria della Filcams-Cgil e della vice-segretaria della Cgil-Funzione pubblica. «La situazione è preoccupante sotto tutti i punti di vista», sottolinea Cecilia dè Pantz. «Purtroppo nel comparto della sanità convenzionata non è prevista la cassa integrazione straordinaria in deroga. Si va direttamente all’apertura della procedura di mobilità territoriale in base alla legge 223 del 1991. Una brutta storia perché, in questo caso, i lavoratori in esubero, dopo che la Regione ha ridotto del 30% il budget totale delle prestazioni alla sanità convenzionata, hanno diritto soltanto a sei mesi di disoccupazione. Noi del sindacato non resteremo con le mani in mano. Tanto per cominciare chiederemo alle proprietà di applicare i contratti di solidarietà. Ossia lavorare meno (e con meno soldi) per lavorare tutti».
Breve il giudizio di Fulgenzi: «Serve mettere in piedi subito un tavolo permanente fra le parti in causa», spiega la vice-segretaria Cgil-FP. «Invece la Regione, al momento, non accetta le nostre richieste e fa di tutto per non garantire chiarezza e trasparenza».
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