Mediaworld, rosso che fa paura domani sciopero dei lavoratori

PADOVA. Preoccupazione e rabbia si mescolano nel calderone della protesta che porterà i lavoratori Mediaworld alla giornata di sciopero indetta per domani da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs. C’è preoccupazione per il passo incerto di Mediamarket, la società che controlla i negozi a marchio Mediaworld, che ha chiuso il 2017 con 17 milioni di euro di perdite e che continua a lasciar cadere nel vuoto le richieste di confronto con i sindacati. E c’è rabbia perché la strategia aziendale passa per mosse a sorpresa come la recente chiusura dei punti vendita di Grosseto e di Milano Stazione Centrale e il trasferimento della sede di Curno (Bergamo) in Brianza, che potrebbero non restare casi isolati, alla luce dei conti in rosso e anche degli esuberi già quantificati in 150. Non bastasse, c’è anche la decisione dell’azienda di tagliare il bonus per il lavoro domenicale, che era del 90% e che dal 1° maggio sarà portato al 30%, come fissato dal contratto nazionale di lavoro.
Domani andrà in scena la protesta davanti a molti punti vendita. «Difficile arrivare al blocco dell’attività nei punti vendita», ammette Francesco Gagliardi di Filcams Cgil Padova. «Credo che l’azienda troverà comunque il modo di garantirsi l’apertura. Ma per noi sarà comunque un’occasione per richiamare l’attenzione sulla situazione che stiamo attraversando, con un’azienda che dichiara perdite importanti e si sottrae al dialogo». I sindacati hanno organizzato un presidio davanti al punto vendita di Albignasego, uno dei due della provincia insieme a quello di via Venezia a Padova. «I lavoratori qui da noi sono complessivamente un centinaio», aggiunge Gagliardi, «e in tanti hanno partecipato ai quattro incontri che abbiamo fatto da luglio in poi per discutere la situazione. C’è molta preoccupazione». Detto delle chiusure e dei trasferimenti, lo scenario è ancora più nero. A breve scadrà il contratto di solidarietà, prorogato fino al 30 aprile 2018, nei 17 punti vendita Mediaworld di Cosenza, Sassari, Molfetta, Genova, Roma, Torino, Caserta e Napoli e tutti temono che quella sia anche la scadenza che l’azienda si è data per risolvere definitivamente la posizione dei 150 esuberi dichiarati. In un comunicato diffuso di recente, i sindacati sottolineano l'incapacità aziendale di rilanciarsi sul mercato a causa di un «sistema informatico vetusto e di un layout degli accessori per la telefonia, unico segmento di prodotto con margini alti, vecchio e confusionario e politiche dei prezzi on-line non abbastanza competitive», che si aggiundono a una «non adeguata formazione del personale».(cric)
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