Menù pasquali serviti a casa. i ristoranti padovani si organizzano

Il segretario dell’Appe Segato: «Si tratta di soluzioni per tenere aperte le cucine ma i guadagni sono simbolici, come quelli della consegna a domicilio dei pasti»

/ PADOVA

Feste di Pasqua ormai bruciate, duemila dipendenti a rischio, il 15-20% dei ristoranti, bar e locali che potrebbero non reggere l’urto ed entro fine anno abbassare le serrande. È l’allarme lanciato dall’Appe, l’associazione provinciale dei pubblici esercizi. La crisi scaturita dall’allarme sanitario e la conseguente chiusura di ristoranti, bar e locali ha messo in seria difficoltà gli esercenti padovani.

PERDITE

Il grido di allarme dell’Appe è anche una richiesta d’aiuto. Il segretario provinciale Filippo Segato spiega come la situazione, a un mese e mezzo dall’esplosione del caos, sia preoccupante. «Rimaniamo fermi alle stime che si prevede una perdita in termini di fatturato di 120 milioni di euro», spiega Segato. «Stiamo parlando di mancati introiti per i nostri esercenti che vanno dalla fine di febbraio a certamente maggio o giugno. Teniamo poi presente che una ripresa, se tutto andrà come ci attendiamo, avverrà realmente sotto Natale. Quindi stiamo parlando di un 2020 di fatto gettato alle ortiche».

RISCHIO CHIuSURA

I ristoratori e i baristi padovani devono fare i conti con una situazione economica complicata. Per loro il rischio potrebbe essere di non poter continuare l’attività. Ricordiamo che in provincia ci sono 3.200 pubblici esercizi, divisi in 1.500 ristoranti e 1.700 tra bar, pasticcerie, locali da balle e locali. «Di questi il 15-20% rischia di saltare da qui a fine anno e di non reggere l’urto della crisi», ammette il segretario padovano dell’Appe. «Potremmo vedere saltare tra le 300 e le 500 attività. Chi faceva fatica prima ora vede il proprio futuro a serio rischio».

POSTI DI LAVORO

La chiusura delle attività potrebbe portare ad un problema sociale, ossia la perdita di numerosi posti di lavoro. Al momento gli addetti totali sono 15 mila. «Di questi almeno duemila sono a forte rischio», spiega ancora Segato. «Tenendo presente che mediamente un locale ha 4-7 dipendenti il conto è presto fatto. Ma il numero alla fine potrebbe essere anche maggiore se la situazione non rientrerà in tempi celeri. Cosa andranno a fare per esempio camerieri, lavapiatti e baristi dovessero rimanere a casa? Questa è una questione che spaventa.

PASQUA SALTATA

Non ha dubbi l’Appe: la Pasqua è di fatto già saltata. «Stiamo parlando di un grande introito per i nostri esercenti che andrà a mancare», sostiene. «Alcuni ristoratori si stanno allora organizzando per portare a casa il giorno di Pasqua il pranzo pasquale, dall’antipasto al dolce. Come per esempio il ristorante Valpomaro che propone un menù a 30 euro a persona. È una soluzione che sta prendendo sempre più piede, tenendo presente che comunque poco riusciranno a guadagnare i nostri esercenti».

CONSEGNE A DOMICILIO

«Ha iniziato ad effettuare questo servizio circa il 15% dei ristoratori», osserva il segretario dell’Appe. «Si tratta tuttavia di un servizio che rende poco. Ogni giorno si arriva a un massimo di 15 prenotazioni e le ordinazioni vanno mediamente dai 15 ai 20 euro a persona. Se teniamo presente che la consegna molto spesso è gratuita, si capisce che questo servizio serve solamente a tenere aperta la cucina e a mantenere stretto il contatto con il cliente più fedele. C’è però anche un ristoratore che l’ha sospeso in quanto si è rattristito nel vedere i suoi clienti a casa e non in trattoria». —

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