Messo in sicurezza il padiglione davanti alla Specola

Le pietre alla base della cinta scalzate dalla vegetazione Intervengono cinque squadre della Protezione civile
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - LAVORI ALLA SPECOLA
MARIAN - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - LAVORI ALLA SPECOLA

Un intervento concertato con chirurgica passione da Comune, Università, Protezione civile, speleologi e privato per salvare una trachite del Settecento. Ieri mattina sul ponte Paleocapa di fronte alla Specola è andato in scena un valzer di precisione e cura meticolosa, orchestrato dal lavoro volontario di chi ama la straordinaria storia della città, per mettere in sicurezza la base del bastione trecentesco.

Il bastione del telescopio. Tutto comincia da una serie di segnalazioni per alcune pietre che la radice di un rampicante ha spinto con forza fuori dall’asse del muro antico. Siamo alla base del padiglione Dembowski, ai piedi della torre della Specola. I primi a segnalare che quei frammenti erano pericolosi (ed in pericolo) sono stati gli Amissi del Piovego che hanno notato lo spostamento durante le loro remate in barca. Poi il Comitato Mura. Infine lo stesso Osservatorio astronomico. In mezzo semplici cittadini, passanti, curiosi che hanno scritto e telefonato tanto a palazzo Moroni e al Bo. Ed è così che alcuni mesi fa sono fioccate pec tra l’amministrazione comunale e quella dell’ateneo. Ma agire non era facile perché sono coinvolte tre pertinenze che hanno mandato in cortocircuito la burocrazia.

Proprietà divisa. Le mura, infatti, sono di proprietà del Demanio. La base di una famiglia privata (che ha acquistato la casetta nel 1983). Infine il padiglione è dell’Università. Un pezzo di scienza e di storia che distribuisce charme in un luogo già magico. Il cilindro fu costruito nel 1882, sopra il bastione, per ospitare un “cannocchiale” messo in vendita dagli eredi del barone Ercole Dembowski, astronomo milanese, celebre osservatore di stelle doppie. L’Università lo acquistò e fece costruire il padiglione, formato da una struttura cilindrica di mattoni per il sostegno del cupolino zincato, apribile e ruotante, dentro al quale collocò il telescopio. Oggi l’eredità del barone è stata restaurata ed è conservata nella sala museale “Della polvere”, al secondo piano dell’Osservatorio astronomico, accanto al dipinto dei Carraresi. Resta il padiglione seduto sulla cinta muraria.

Il rischio crollo. Ed è qui che ieri sono intervenute cinque squadre della Protezione civile, tre d’acqua (due barche e un gommone) e una di terra che ha potato un albero che addossava i suoi rami su un cavo dell’elettricità. Inoltre la squadra dello speleologo Adriano Menin si è calata dal padiglione fino in acqua. Loro hanno fissato la trachite per assicurarla al bastione. È stato un intervento necessario, urgente ma non definitivo. Adesso bisognerebbe restaurare le mura, liberarsi dell’invadenza del rampicante e rimettere la pietra al suo posto. Ne va della staticità stessa del luogo.

Impegno comune. Ad assistere alle operazioni anche l’assessore Andrea Micalizzi, con deleghe alle acque fluviali e alla Protezione civile; l’architetto del comune Fabio Fiocco; l’architetto Nicola Di Cicco per l’Università, precisamente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica; Fabio Bordignon del Comitato delle Mura; Alessandro Campione degli Amissi del Piovego. «L’amministrazione guarda con grande attenzione a una ristrutturazione generale della cinta muraria e quindi anche di questo scorcio» ha concluso Micalizzi. « Va sottolineato l’impegno della associazioni coinvolte che svolgono un’opera fondamentale».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova