Metalmeccanica, cassa integrazione boom nel Padovano. I sindacati: rischiamo la crisi sociale

Cisl: «Mille lavoratori in Cig e 2.500 a rischio entro l’anno. Due aziende nel Padovano porteranno i libri in tribunale»

Elvira Scigliano
- INDAGINE ISPO. Renato Mannheimer, ha curato l'inchiesta commissionata dai Giovani imprenditori In alto, alcune tabelle indicative dei risultati
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PADOVA. La maggior parte delle aziende della Metalmeccanica, in particolare quelle della siderurgia – fonderie, trasformazione del ferro, ma anche quelle delle materie plastiche – che sono energivore per eccellenza, hanno aperto la pratica della cassa integrazione. Ad oggi, nel Padovano, circa mille lavoratori stanno usando questa misura straordinaria. Al momento solo per alcune ore al giorno o per un giorno a settimana. Ma 2.500 (su poco più di 3 mila totali) rischiano di dovervi far ricorso entro la fine dell’anno, se non si abbassano i costi energetici.

A darne notizia la Cisl: «Venerdì 2 settembre ero in un’azienda di verniciatura», riferisce Andrea Bonato, referente per la Metalmeccanica, «che ha appena chiesto la cassa integrazione. Si tratta di un’azienda di verniciatura con 50 dipendenti che è passata da una bolletta energetica di 12 mila euro a una di 140 mila euro al mese. Almeno due realtà, che si occupano di fusione, a fine mese porteranno i libri contabili in tribunale. Una è di Torreglia e si è trovata a pagare una bolletta di 90 mila euro al mese, mentre ne pagava 10 mila».

NUOVA ORGANIZZAZIONE DEI TURNI

In questi mesi, bolletta dopo bolletta, le aziende hanno riorganizzato il lavoro: c’è chi ha ridotto due ore di produzione al giorno (la fascia oraria più costosa), chi si ferma un intero giorno a settimana e chi lavora quasi esclusivamente di notte e nei weekend. «Si lavora per non essere poveri», attacca Bonato, «per un dipendente che ha uno stipendio di 1.500 euro guadagnarne mille significa non riuscire a pagare le sue bollette, quelle domestiche, che nel frattempo sono impazzite come quelle delle aziende. È chiaro che non è un problema solo italiano ma europeo e la politica deve affrontare questa situazione con dinamiche internazionali. Certo resta l’amarezza che pur essendo un paese fantastico, che potrebbe vantare il fotovoltaico e l’eolico come prima risorsa, non abbiamo mai investito su una vera rivoluzione sostenibile».

CRISI SOCIALE

Non sono escluse possibili tensioni sociali: «La politica partitica continua a pensare agli sbarchi, che sono un non problema, invece di parlare di economica», continua Bonato, «Il prossimo 25 settembre ognuno di noi deve porsi delle domande prima di concedere il suo voto».

I sindacati non nascondono dunque la loro preoccupazione. Il segretario generale della Cisl, Samuel Scavazzin, aggiunge: «Sono necessarie tutte le misure possibili e immaginabili per trovare la “quadra bollette” perché famiglie e imprese non sono più in grado di pagare. L’Europa può dare il suo grande contributo come l’ha già fatto durante il Covid.

L’Italia può anche decidere tetti nazionali, ma potrebbe non essere sufficiente. Come la pandemia ci ha trovati impreparati, così questa crisi ci fa capire quanto la società sia liquida e le nostre certezze siano a pezzi. Dopo anni di non investimenti adesso ci vuole tempo, addirittura anni per vedere dei risultati».

LA TEMPESTA PERFETTA

Il lavoro c’è, le commesse fioccano, ma le materie prime sono costosissime e non si trovano e gli aumenti delle bollette finiscono per mettere sotto scacco la ripresa economica. Ecco la tempesta perfetta. «La domanda c’è ma i costi di produzione sono aumentati in maniera sproporzionata», conferma Scavazzin, «Si finisce per lavorare in perdita ed è gravissimo perché siamo il secondo Paese manifatturiero d’Europa e non possiamo depauperare su questo fronte».

Per il segretario della Cisl, prima di ricorrere alla cassa integrazione, ci sono delle cose da fare: «Bisogna bloccare i licenziamenti – sottolinea – come durante la pandemia e bisogna pensare subito ad aiutare le famiglie perché potremmo non aver ancora visto il peggio». Anche il segretario generale della Cgil, Aldo Marturano, esprime preoccupazione: «Le aziende producono meno per i costi, i lavoratori guadagnano meno perché si ricorre alla cassa integrazione, ma i dipendenti sono anche i consumatori che non comprano, o comprano meno, perché l’inflazione ha superato l’8%, alcune famiglie si chiedono come pagheranno la rata del mutuo e le bollette impazzite ed è alto il rischio di crisi sociale. L’autunno rischia di essere rovente in un contesto di lavoro sempre più povero. L’austerity di cui si parla si riferisce ad un contesto di crisi senza precedenti.

Tuttavia c’è chi in questa situazione ci sta guadagnando: le aziende che stanno facendo extra profitti andrebbero tassate perché è un guadagno indebito, la verità è che dovrebbero ridistribuire quelle ricchezze. Altro che incostituzionalità: le risorse dovrebbero servire a calmierare le spese e aiutare imprese, lavoratori e famiglie. Siamo alla vigilia di un cortocircuito che rischia di provocare rischi senza precedenti. Serve intervenire subito, senza aspettare le elezioni»

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