Mezzo milione per il bimbo morto
PIOVE DI SACCO. Maxi-risarcimento per la coppia veneziana che, tre anni fa, fu protagonista di un parto prematuro finito tragicamente. Per il bimbo, che è morto. E per la mamma, che subì conseguenze pesantissime. Ieri, infatti, C.N., 31enne di Campagna Lupia, e il marito R.B., hanno revocato la costituzione di parte civile (erano tutelati dall’avvocato Filippio Schiavon) davanti al gup padovano Domenica Gambardella, chiamata a pronmunciarsi sulla richiesta di mandare a processo due medici e un infermiere dell’ospedale di Piove. L’Usl 16 (ente dal quale dipende il complesso ospedaliero piovese), attraverso la compagnia assicuratrice londinese dei Lloyd’s, ha versato alla coppia un risarcimento di circa mezzo milione di euro, in base a un accordo sottoscritto nel massimo riserbo con l’obbligo di uscire di scena dal procedimento penale.
Intanto la nuova udienza preliminare (saltata a causa dell’astensione proclamata dall’Unione italiana delle Camere penali) è stata fissata per il 29 ottobre, quando il giudice dovrà decidere se mandare a giudizio i tre imputati. Si tratta del dottor Fabio Casagrande, 45 anni di Vicenza, e dell’infermiere addetto al triage Roberto Lando, 58 di Vigonovo, entrambi in servizio al Pronto soccorso (difesi dall’avvocato Lorenzo Locatelli), e del ginecologo Maurizio Matarese, 54, di Piove (difensori i legali Locatelli e Barbara Bisinella). Ai tre sono contestati i reati di cooperazione in aborto colposo e lesioni gravissime nei confronti della giovane mamma che, in seguito a quanto accaduto, non potrà più avere figli.
Questo perché la notte del 3 settembre 2010 C.N. si presenta al Pronto soccorso piovese accompagnata dal marito: è alla ventinovesima settimana di gestazione e avverte dei forti dolori. L’infermiere Lando le assegna un codice verde (di non urgenza), poi la visita con ecografia: se le fitte non si fossero attenuate, indispensabile il ricovero. Ma la struttura non è attrezzata per affrontare parti prematuri, così la donna chiede il trasferimento nella Clinica di Padova in ambulanza. Richiesta inascoltata perché i medici non ravvisano le condizioni di urgenza. A quel punto, C.N. firma il rifiuto del ricovero e con l’auto del marito si dirige a Padova. Ma l’area dell’ospedale è un labirinto e, perdendo minuti preziosi, la coppia fatica a trovare il Pronto soccorso ostetrico. Quando arriva, la paziente ha una devastante emorragia, la placenta staccata, un utero apoplettico. E il suo bimbo, in grembo, che sta morendo. Non solo. Ancora oggi C.N. presenta lesioni neurologiche che sta faticosamente cercando di superare.
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