Modella sfigurata dal laser Medico rischia il processo

ABANO TERME. Rischia di finire a processo con l’accusa di lesioni colpose gravissime il dottor Massimo Rambotti, 57 anni originario di Foligno, attivo nel poliambulatorio specialistico “Orchidea” ad Abano in piazza del Sole e della Pace che non sarebbe più operativo (il recapito telefonico segnala «numero inesistente»). A denunciare il medico una modella che si era sottoposta a un intervento estetico per eliminare le tracce di acne giovanile destinate a offuscare la sua bellezza, fondamentale per il lavoro visto che la ragazza era testimonial di una ditta specializzata nella vendita di apparecchiature estetiche e cosmetiche.
Purtroppo s’è ritrovata con il volto sfregiato anche in seguito a trattamenti con il laser. La querela è arrivata sul tavolo del pubblico ministero padovano Benedetto Roberti: il magistrato ha archiviato la posizione di altri due medici, chiudendo formalmente l’indagine a carico di Rambotti, atto preliminare alla richiesta di rinvio a giudizio (il chirurgo è difeso dall’avvocato Geremia Ceretta).
La modella era arrivata nella struttura specialistica aponense grazie ad alcune “dritte” di amiche e colleghe: del resto Rambotti lavora in diversi ambulatori sparsi per l’Italia e il suo nominativo è piuttosto noto nell’ambito della chirurgia estetica. Il 31 gennaio 2012 la ragazza viene sottoposta a un intervento di resurfacing a mezzo laser dopo un prelievo bioptico cutaneo per l’esecuzione di un autotrapianto in una zona molto visibile come la parte anteriore della coscia dove, oggi, sarebbe ben in evidenza una brutta cicatrice. L’obiettivo? Eliminare alcune piccole imperfezioni della pelle del viso provocate dall’acne avuta in età adolescenziale.
I risultati? Pessimi. Secondo la procura, il medico avrebbe omesso di verificare il corretto settaggio del laser, impiegandolo anche in modo errato e provocando così gravissime lesioni cutanee al viso, con danneggiamento dermico ed epidermico in profondità tali da non consentire la rigenerazione dei tessuti. In più, alcuni controlli si sarebbero addirittura svolti nelle stazioni autostradali, ambienti non certo adatti a visite mediche.
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