Monselice, denunciò il fratello vicino all’Isis. Ora Fouad è cittadino italiano

Per il suo gesto è stato isolato dalla comunità marocchina, perdendo il lavoro e poi la casa. «Mi sono anche iscritto alla Lega Nord ed è servito»
Nicola Stievano
Fouad Bamaarouf riceve la cittadinanza italiana e a destra il fratello Adil, espulso perché "radicalizzato"
Fouad Bamaarouf riceve la cittadinanza italiana e a destra il fratello Adil, espulso perché "radicalizzato"

MONSELICEAveva trovato il coraggio di denunciare il fratello, simpatizzante dei progetti sanguinari dell’Isis, espulso dall’Italia grazie alla sua testimonianza. Ma questo gesto di responsabilità civica è costato caro a Fouad Bamaarouf, 49 anni, marocchino, isolato dai suoi stessi connazionali, poi rimasto senza lavoro e senza casa. Ora, dopo sei lunghi anni di attesa e di fatica nel ricostruirsi una vita, Fouad ha finalmente ottenuto la cittadinanza italiana.

Il sogno diventa realtà

In Italia da oltre vent’anni, l’operaio marocchino ha raggiunto un sogno inseguito da tempo, tra mille difficoltà. Non è stato facile ma non si è mai dato per vinto finché ha ricevuto la telefona con cui la Prefettura ha comunicato la conclusione della pratica e la concessione della cittadinanza.

«Vivo in Italia da molto tempo e qui ho sempre lavorato, nonostante tutto» spiega Fouad, «sono stato più volte escluso, emarginato, evitato, anzitutto dai miei stessi connazionali che mi hanno visto come un traditore. Eppure io resto dell’idea di aver fatto nient’altro che il mio dovere e di essermi sempre comportato onestamente. Ora sono felice di essere cittadino italiano e ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato in questo percorso non facile».

Il prezzo del coraggio

La scelta di denunciare il fratello Adil, espulso nel 2015 per sospetti legami con l’Isis, è costata cara a Fouad: dopo i pubblici elogi e le attestazioni di stima per la sua scelta coraggiosa, si ritrova solo.

Viene definitivamente emarginato dalla comunità marocchina che lo considera un traditore, le cose si mettono male anche al lavoro finché si licenzia e per mesi non riesce più a trovare una nuova occupazione e perde la casa.

Non potendo più pagare l’affitto del suo modesto alloggio a due passi dal centro arriva l’ingiunzione di sfratto. Il marocchino, pur essendo iscritto da anni nella graduatoria per l’edilizia popolare, fatica non poco a trovare un appartamento.

Nessun connazionale vuole aiutarlo e anche fra gli italiani non va meglio. Tra mille difficoltà e lunghe giornate di attesa in municipio, Fouad riesce a ottenere un alloggio Ater in via San Bortolo, nel frattempo riprende a lavorare part time. Grazie all’interessamento dell’avvocato Andrea Ostellari, all’epoca segretario provinciale della Lega Nord, viene avviata anche la richiesta di cittadinanza italiana.

L’aiuto

«Le cose sono andate per le lunghe, poi Ostellari è diventato senatore e non l’ho più sentito, ma lo capisco» spiega Fouad, che nel frattempo si era anche iscritto alla Lega. «Non faccio politica, non mi interessa, ma visto che i leghisti mi avevano aiutato mi sono tesserato. La situazione si è sbloccata grazie a due amiche: Anna Rita Canone, che ha preso a cuore il mio caso, e Vania Gasparini di Borgoricco, anche lei militante del Carroccio, che dopo vari appelli mi ha messo in contatto con l’avvocato Valeria Lunardi di Monselice».

«Quando ormai non ci speravo più è arrivata la telefonata dalla Prefettura: avevo ottenuto la cittadinanza e qualche giorno dopo sono andato a giurare in municipio a Monselice, davanti alla funzionaria di stato civile».

Ma i guai di Fouad non sono finiti, perché i connazionali continuano a tenerlo alla larga. «Nel condominio in cui vivo siamo tutti marocchini» spiega, «ma loro non mi vogliono e io non mi sento al sicuro. Ho ricevuto anche delle minacce di morte e cerco di restare in casa il meno possibile. Ho già chiesto al Comune e all’Ater di poter cambiare alloggio viste le difficoltà di convivenza».

Cos’era successo: nel 2015 Adil Bamaarouf venne espulso dall’Italia

Foto Zangirolami
Foto Zangirolami

MONSELICE

Nel dicembre del 2015, il marocchino Adil Bamaarouf venne espulso dall’Italia perché sospettato di essere un simpatizzante dell’Isis e di essere in contatto con alcuni terroristi islamici. A raccontare tutto ai carabinieri e a dare il via alle indagini era stato il fratello Fouad, preoccupato per i discorsi che sentiva nel suo appartamento di Monselice.

Inizialmente la storia di Fouad era simile a quella di molti altri immigrati magrebini: nonostante gli studi in legge in Marocco non era riuscito a trovare lavoro così agli inizi del 2000, si trasferì in Italia, prima in Piemonte e poi, dal 2007, a Monselice.

«Ho sempre fatto l’operaio» ricorda, «ho lavorato duro, sono stato anche sfruttato e ingannato, ma non mi sono mai arreso. Grazie al mio lavoro riuscivo a mantenere i familiari in Marocco, mandando soldi ogni mese, come faccio anche ora, per anni mi sono occupato di mia madre malata».

La sua storia cambia verso la fine del 2015 quando trova la forza di raccontare ai carabinieri delle strane chiamate del fratello minore Adil, con cui condivideva l’appartamento a Monselice.

«Adil era arrabbiato con tutti perché aveva perso il lavoro» racconta Fouad, «perché non aveva i soldi nemmeno per mangiare. L’ho preso in casa con me, gli ho detto di stare tranquillo, l’avrei aiutato a trovarsi un nuovo lavoro. Però nessuno della comunità marocchina l’ha aiutato allora. Così ha preso una brutta strada e frequentava strane compagnie. Passava tutto il giorno incollato allo smartphone».

Fouad racconta tutto ai carabinieri ed emerge che Adil simpatizzava con l’Isis con i cui seguaci parlava di «far saltare Roma». Alla fine del 2015 scatta l’espulsione, e Adil viene accompagnato in aeroporto e rimandato in Marocco.

«L’ho fatto per il suo bene» continua Fouad, «temevo per la sua vita. Non mi ha parlato per anni ma io ho continuato ad aiutarlo da qui. Ora fa dei lavori saltuari, ha avuto anche dei problemi di salute e dopo la morte di mia madre si è reso conto di cosa ha fatto ed è pentito». —

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