Morto dopo l’intervento: indagati i cardiochirurghi
PADOVA. Un intervento al cuore per una patologia congenita. Cinque giorni più tardi la morte. Un lutto inaccettabile per i familiari di Riccardo Turrin, 29enne residente a Codiverno di Vigonza, firmatari di un esposto trasmesso in procura.
E il pubblico ministero Emma Ferrero ha aperto un’inchiesta: nel registro degli indagati per cooperazione in omicidio colposo sono finiti due cardiochirurghi del Centro Gallucci dell’Azienda ospedaliera di Padova, atto dovuto per consentire lo svolgimento di una consulenza tecnica in contraddittorio (cioè con la partecipazione anche degli esperti nominati dai due medici). Consulenza affidata ieri mattina ai due esperti che avevano eseguito l’autopsia sul paziente, il dottor Dario Raniero dell’Istituto di medicina legale di Verona e il professor Paolo Bertolini cardiochirurgo dell’ospedale scaligero Borgo Trento. Dovranno ricostruire l’intervento e indicare le cause del decesso. I due medici del Gallucci (difesi dall’avvocato Leonardo Arnau) hanno nominato come consulente di parte il professor Gaetano Thiene dell’Università di Padova; la famiglia Turrin (assistita dal legale Andrea Capuzzo) si è affidata al cardiochirurgo Domenico Scalia.
LA VICENDA «Prima di entrare in ospedale Riccardo stava comunque bene, l'operazione doveva servire per recuperare una vita discreta se non ottima, ma il giorno successivo all'intervento hanno smesso di funzionare i reni, poi il fegato e via via tutti gli altri organi e i medici hanno cominciato a imbottirlo di farmaci» aveva detto la giovane moglie Deborah, 27 anni. Il marito soffriva dalla nascita di una cardiopatia, la Tetralogia di Fallot, e l’1 agosto era finito sotto i ferri: un intervento programmato da marzo affrontato con fiducia. Tuttavia immediate le complicazioni tanto che il 5 del mese i medici intervengono con l’amputazione di una parte della gamba destra per un sospetto trombo. L’indomani l’ulteriore peggioramento con la cessazione di ogni attività neurologica. Il 7 la morte.
I SINTOMI A giugno Turrin si era rivolto all’ospedale per attacchi di tachicardia: era stato prescritto riposo. Si era assentato dal lavoro (faceva l’elettricista nella ditta ZetaDue di Padova), l’1 del mese il ricovero per l’operazione. «Sembrava un intervento di routine... Invece era durato 14 ore e Riccardo non si è più risvegliato» avevano denunciato i familiari. La moglie aveva precisato di aver chiesto chiarimenti ai medici: «Mi hanno risposto che nell'affrontare l'intervento era insito il rischio che potesse morire in sala operatoria. E che sarebbe anche potuto morire in casa nel giro di poche settimane. Ecco, non so se si è trattato di scarsa comunicazione». Difficile accettare la morte improvvisa di un ragazzo con tutta la vita davanti, anche se qualsiasi atto chirurgico implica dei rischi.
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