Morto per l’amianto, archiviazione nulla

Rubano: la Cassazione invita la Procura a proseguire l’inchiesta per il decesso di Antonio Disarò

RUBANO. Per decenni Antonio Luigi Disarò aveva lavorato come operaio nell’azienda Termisol spa di Rubano, specializzata nell’installazione di impianti elettrici e idraulici, oggi in liquidazione. Il 30 aprile 2016 la morte a causa di un mesotelioma pleurico conseguente all’esposizione all’amianto, minerale pericoloso per la salute bandito dalla produzione italiana nel 1992. Era stata aperta un’inchiesta e nel registro degli indagati erano finiti i vertici dell’azienda. Poi l’archiviazione del gip su richiesta del pm titolare del procedimento penale.

I figli della vittima (Gianluca Vittorio e Tiziano Mario Disarò) hanno proposto ricorso in Cassazione, lamentando che non erano stati svolti adeguati approfondimenti investigativi per verificare nell’organigramma aziendale, all’epoca dei fatti, la presenza di altri soggetti che potessero avere delle responsabilità. E avevano reclamato che, seppur chiesto nell’esposto trasmesso in procura, non era stato notificato loro l’avviso relativo all’archiviazione (avviso che dà la facoltà di presentare opposizione). Hanno avuto ragione: i giudici della Suprema Corte hanno annullato il provvedimento di archiviazione firmato dal gip di Padova. E hanno rispedito gli atti in procura affinché l’inchiesta prosegua. «Il ricorso è fondato» scrivono i giudici della Corte, sia pure per un vizio di legittimità, «Il decreto impugnato va annullato». I familiari non hanno avuto la possibilità di far valere le loro ragioni, contestando l’archiviazione solo perché erano deceduti i quattro imputati. A loro giudizio avrebbero dovuto essere valutate le posizioni di altri dirigenti per stabilire il quadro delle responsabilità aziendali. Ora si riparte daccapo. (cri.gen.)

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