Niente rimproveri ma solo esperienze a scuola con il metodo “Piccolo principe”

IL PROGETTO
Nessun rimprovero, nessun castigo, nessuna punizione. I bambini non si devono colpevolizzare. Mamme, papà, educatori ed insegnanti devono allearsi con i piccoli e non con i loro errori. È una filosofia che attinge le sue radici nella madre della pedagogia, a cominciare da Rousseau e il suo “Émile ou de l’éducation”, ma che è stata dimenticata e oggi vuole tornare rivoluzionaria.
Il Piccolo Principe
Si chiama “B612”, proprio come l’asteroide del Piccolo Principe, ed è un progetto guidato da Daniela Lucangeli, docente di Scienze cognitive dello sviluppo e prorettrice all’Università. Il suo team, composto da psicologi, pedagogisti e perfino fisici, indaga le logiche evolutive. Dapprima con bambini in difficoltà. Poi, la scorsa primavera, hanno vinto un prestigioso bando europeo – All’alba delle intelligenze – che per due anni li mette in campo insieme a partner come Clementoni. Il progetto orbita intorno alle potenzialità dei bambini nelle fasi dello sviluppo infantile. Hanno così intercettato l’impavida fiducia nella scienza di don Lorenzo Voltolin, della Mandria, che ha acconsentito ad aprire le porte della scuola dell’infanzia Giovanni XXIII di via Ca’ Rasi.
Qui la maestra Patrizia Granata, i 40 piccoli dai 6 mesi ai 6 anni, i 5 insegnanti (che hanno approfondito il metodo) e l’esercito dei genitori si è messo completamente in gioco. Scegliendo un metodo d’insegnamento, lontanissimo da quello tradizionale, che abbraccia i tempi evolutivi e aspira a riorganizzare la scuola fin dal sussidiario. Il modello di lavoro B612 mette a confronto due scuole dell’infanzia: la Giovanni XXIII e un’altra scuola di Battaglia. Alla Mandria si applicherà l’esperienza e non la trasmissione; nell’altra scuola si continuerà con il modello tradizionale. «Bisogna sapere come evolve una forma di intelligenza, conoscere le finestre evolutive», spiega la Lucangeli, «sapere ad esempio quanto è importante l’intelligenza affettiva, che ci sono tempi speciali per apprendere la lingua, i numeri, la manipolazione, la chimica e l’esplorazione. L’adulto deve essere una guida partecipe ma rispettosa dei tempi. Non in attesa e basta, ma in atteggiamento di sfida ottimale: suggerisce il passo che rende più probabile la riuscita. Il processo base è il passaggio dall’eteronomia (la dipendenza dai genitori) all’autonomia, capire quando il bambino riesce da solo. Aiutare un bambino nell’apprendimento non significa sostituirlo, né abbandonarlo, ma facilitarlo: di fronte ad una scala, se non riesce a salire, possiamo abbassare lo scalino o mettere un corrimano, ovvero capire se ha bisogno di maggiore equilibrio, se non ha abbastanza forza, se è terrorizzato, insomma l’aiuto deve essere calibrato sul perché il bambino non ce la fa». Ancora. «La forza gravitazionale si può mostrare attraverso una pallina. Il bimbo guarda, osserva e chiede: la pallina tira? L’insegnante scandisce: attira. Ad aiutarci interviene la potenza cognitiva del gioco. A chi chiede diagnosi per bambini che non ce la fanno, vorrei far capire che dovrebbero chiedere meccanismi di aiuto nei processi evolutivi. Il meglio è giocare insieme alle figure più significative al mondo che sono mamma e papà».
Iniziale scetticismo
I genitori all’inizio erano un po’ scettici perché l’asteroide del Piccolo Principe è sicuramente più difficile da spiegare che da fare. Ma una volta messo all’opera il nuovo metodo, in modo così trasparente che i genitori potevano entrare nella scuola, assistere e poi autogestire le giornate di open day per gli altri genitori, si sono innamorati della nuova metodologia. «Alla Giovanni XXIII i bambini non sono ingozzati di informazioni, ma prima di tutto accolti e non giudicati», conclude la prof, «e quello che i più grandicelli ci chiedono con insistenza è: perché non ci sgridate mai? Se infatti i più piccoli hanno imparato subito l’autoregolazione, chi aveva già avuto un’esperienza scolastica basata su castigo e premio per apprendere la regola, è stato destabilizzato perché noi incentiviamo la comprensione della regola, non la sua coercizione». —
Elvira Scigliano
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