Nuovo look agli Eremitani: una piramide di vetro come al Louvre
Piramide di vetro e laboratori multimediali per i bimbi. Nel cortile il richiamo alle antiche domus romane. Previsto anche uno spazio con caffè e ristorante per i visitatori. E un nuovo book-shop

Da sinistra, la piramide di vetro che verrà montata nel chiostro e, a destra, la sezione relativa al cortile interno che dà su via Porciglia destinato ad ospitare il bar e il ristorante del museo Nella foto grande a destra, una veduta aerea degli Eremitani
PADOVA. Il museo Eremitani è controcorrente rispetto alla recessione. Anche qui tagli, risorse inaridite da parsimonia coatta, ma l'impegno, la felicità di alcune iniziative hanno aumentato la audience e reso necessario un progetto di ampliamento e restauro. Per esempio, fa notare l'assessore Andrea Colasio, i bambini. Ventimila bambini l'anno frequentano questa cittadella della cultura, non più pietrificata dal tempo e annichilita dalla conservazione ma viva.
La parte pedagogica è sempre più imponente e chiede spazi di sosta e strutture di accoglienza più confortevoli. L'archeologa Francesca Veronese illustra il progetto di ristrutturazione del sotterraneo che oggi è un deposito di reperti. Centinaia e centinaia di anfore, in tutti loro usi, consentono di disegnare una mappa delle rotte commerciali ai tempi di Roma; lì sono alloggiate anche le piroghe che permettevano il trasporto fluviale nell'alto Medioevo nel massacro complessivo delle vie di terra; c'è un repertorio di palificazioni che risalgono all'ottavo secolo prima di Cristo ed è stato possibile ricostruire il rendering delle capanne illustrando la fisionomia dei villaggi paleoveneti.
E' prevista anche una coreografia accattivante e didascalie che illustrano la storia dei trasporti e delle abitazioni dal periodo protostorico fino alla civiltà romana. Questo è un lacerto affascinante che rafforzerà il percorso didattico, ma il progetto di restauro, finanziato con i fondi europei gestiti dalla Regione (5 milioni di euro) e di cui il museo padovano è beneficiario in quanto vincitore di un concorso, è molto più ampio e, forse, il simbolo è la copertura del chiostro Albini: un telaio d'acciaio sostiene il tetto di vetro, quasi piatto, 5 centimetri di pendenza per lo smaltimento dell'acqua meteorica.
Colasio sottolinea che la nuova struttura non tocca assolutamente la fisiognomica del manufatto originale ed è complanare alla linea di gronda del fabbricato. Una copertura affine è stata realizzata recentemente al Prado e al museo di Berlino senza suscitare nemmeno un sussurro di polemica e il direttore Davide Banzato si chiede perché non abbia trovato la stessa opposizione da parte di Italia Nostra la copertura dell'agorà del centro culturale Altinate.
Il tetto sopra la testa, oltre a fornire ai visitatori uno spazio coperto per 200 persone (gli eventi, i convegni in sala del Romanino sono da considerare pericolosi per i dipinti), instaura un nuovo equilibrio ambientale. Basta guardare ora i profili delle blindature di ferro: il degrado è pesante, sono ornate da una frangia di stalattiti calcaree provocate dalla condensa. L'umidità in uno spazio scoperto è insopprimibile e mette a rischio anche il prezioso lapidario in pietra tenera che circonda il chiostro.
Colasio sottolinea anche l'assoluto rispetto della normativa degli interventi, tutti monitorati e autorizzati dalla Soprintendenza. Insomma, sopra il chiostro ci sarà un «cappello» di vetro con tutti i crismi della legalità. Va sottolineato che il restauro sarà occasione per rinnovare gli impianti di servizio ed energetici: illuminazione, idraulica, riscaldamento, sicurezza, con sistemi più raffinati che comporteranno risparmi, per esempio sulla guardiania.
Il progetto, frutto del lavoro dell'Ufficio Tecnico del Comune, con gli architetti Domenico Lo Bosco e Fabio Fiocco, prevede un ampliamento dello spazio; altri 5000 metri cubi (il Museo oggi ne occupa circa 35 mila) che saranno costruiti nell'area, ora in situazione di degrado, tra il museo stesso e le casette medievali di via Porciglia.
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