Nuovo splendore per la Pala Pesaro Al via il restauro

di Enrico Tantucci
Uno dei capolavori del Rinascimento veneziano tornerà a risplendere. È da poco iniziato nella Basilica dei Frari il restauro - che durerà circa due anni - della gigantesca Pala Pesaro di Tiziano, una delle sue opere più importanti.
L’artista impiegò sette anni, dal 1519 al 1526, a dipingere questo monumentale telero (di quasi 5 metri per tre), commissionato da Jacopo Pesaro, il vescovo di Pafo, a Cipro, che aveva comandato venti galee papali nella battaglia contro i Turchi a Santa Maura, vinta nel 1503. Il dipinto era nato come ringraziamento alla Vergine della famiglia Pesaro per la vittoria, destinato all’altare della Concezione dei Frari, dove Tiziano aveva già dipinto la straordinaria “Assunta”.
Un intervento che si annuncia complesso - dopo il restauro già compiuto alla fine degli anni Sessanta da Antonio Lazzarin - che sarà finanziato dal Comitato privato statunitense per la salvaguardia di Venezia Save Venice.
I restauratori Giulio Bono e Erika Bianchini, sotto la supervisione della Soprintendenza, rimuoveranno innanzitutto lo sporco accumulatosi sul telero e le ridipinture. Quindi sulle fessurazioni di superficie che ormai solcano il dipinto sarà iniettata della colla di pesce per stabilizzare la pittura e “ricucire” le crepe. Una fase delicatissima del restauro, che dovrà essere eseguita con la massima precisione e che durerà almeno sei mesi. A questa seguirà poi la seconda parte del restauro - il cui costo è stimato in circa 100 mila dollari e per la quale Save Venice sta ancora raccogliendo fondi dagli sponsor - che durerà almeno un anno e che comprenderà la pulitura e il restauro anche pittorico della Pala Pesaro.
Un dipinto importantissimo non solo nel percorso artistico di Tiziano anche per il salto di qualità che impose nella concezione delle pale d’altare a Venezia. Come già nella “Pala di San Giovanni Grisostomo” di Sebastiano Dal Piombo, la sacra conversazione dei membri della famiglia Pesaro inginocchiati ai piedi della Vergine in Trono con il Bambino - sotto la quale, a un livello intermedio, siede San Pietro che tiene aperto il libro della Parola, e che rappresenta la Chiesa e con lui San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova - avviene quasi lateralmente, collocata lungo la navata sinistra, in modo che lo spazio del dipinto apra una sorta di finestra illusionistica, come se il Trono di Maria fosse disposto su un ipotetico altare orientato come l’altare maggiore. Sullo sfondo del dipinto, oltre la cornice che lo delimita, appaiono due monumentali colonne classiche, che sembrano però sospese nel vuoto e che più che suggerirci la presenza di un altro edificio, sono come il contrappunto architettonico che evidenzia le figure di Pietro e della Madonna. Il tutto in una magnificenza cromatica e luministica che il nuovo restauro dovrebbe servire a restituire, con lo stupefacente verde del panno che è ai piedi della Madonna, l’azzurro della veste di San Pietro che contrasta e insieme si armonizza con il giallo del tessuto che lo ricopre. E, a fianco, i toni caldi del vessillo dei Pesaro che sventola retto da uno degli armigeri della famiglia, che richiama i toni dell’Assunta. In alto, due angioletti, su una nuvola scura, “giocano” con la croce. Un dipinto di un dinamismo straordinario nella complessità della composizione e nella ricchezza dei personaggi, che sembra dilatare lo spazio pittorico in tutte le direzioni, quasi che la scena continuasse oltre il telero. Un’opera che fece epoca per la sua audacia e la sua forza innovativa e che il nuovo restauro, si spera, restituirà in tutta la sua compiutezza.
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