OMICIDIO VIA CANESTRINI / Erica è stata uccisa con 53 coltellate

PADOVA. Massacrata senza pietà. Con una foga compulsiva inarrestabile. E con una ritualità folle. Erica Ferazza è stata trafitta da 53 coltellate. Mortali i primi fendenti che l’ex compagno Paolo Rao, oggi solo un assassino, le ha sferrato alle spalle, di sorpresa, mosso da un furore incontenibile destinato a moltiplicare la violenza. Già, perché ci vuole forza per affondare 53 volte la lama in un corpo vivente, benchè sempre più indebolito dalla vita che se ne va. E tanta rabbia.
L’autopsia. Sono i primi risultati emersi dall’autopsia eseguita martedì pomeriggio sul corpo della sfortunata ragazza dal dottor Claudio Rago dell’Istituto di medicina legale su incarico del pm Vartan Giacomelli che coordina l’inchiesta. La ventottenne è deceduta per una mortale emorragia polmonare con conseguente insufficienza respiratoria: già dopo i primi colpi, inferti mentre la coppia si trova nella camera da letto al piano superiore dell’appartamento di via Canestrini 145, la sorte di Erica è segnata. Non potrà sopravvivere a quelle ferite sulla schiena, eppure la giovane psicologa cerca di reagire e di fuggire, correndo giù per le scale a chiocciola fino a raggiungere e aprire la porta d’ingresso dell’alloggio. Tanto da essere vista dalla vicina dirimpettaia che, di fronte alla scena, lancia una bottiglia d’acqua contro Paolo per allontanarlo dalla sua “preda”. Senza riuscirci.
La mattanza. Paolo, infatti, continua quella mattanza, accoltellando Erica al collo in più punti e poi al torace, mentre la sua vittima cerca inutilmente, a mani nude, di afferrare la lama, tagliandosi in più punti. Il sangue è ovunque, la ragazza agonizzante. Ma all’aggressore non basta. Prende Erica e la trascina fino al divano del soggiorno di casa a pochi passi dall’ingresso, poi la solleva e la stende, supina, come in un rito sacrificale. E colpisce ancora il corpo ormai inerme. Colpisce di nuovo finché il frastuono proveniente dall’esterno forse disturba quell’azione di violenza compulsiva. Sono le sette di domenica e i vicini hanno appena sollecitato l’intervento della questura. In pochi minuti arrivano volanti e uomini della Squadra mobile con i pompieri. Saranno loro a impedire che avvenga una tragedia ben più grande, quando Paolo corre nella terrazza al secondo piano e, facendo sedere la figlioletta di tre anni sul parapetto, minaccia di lanciarla nel vuoto prima di tentare il suicidio tagliandosi le vene di collo e polsi, infine impiccandosi con un lenzuolo alla scala a chiocciola.
L’inchiesta. Ieri convalida tecnica dell’arresto di Paolo Rao, indagato per omicidio volontario (difensore è il penalista Giovanni Chiello) da parte del gip Sonia Bello che si è riservata di decidere sulla misura richiesta dal pm Giacomelli, la custodia cautelare in un luogo di cura. Nessun interrogatorio per Paolo Rao che non è in condizioni di rispondere: si trova ricoverato in Rianimazione, sedato e monitorato per verificare se abbia subito lesioni cerebrali in seguito alla prolungata anossia durante il tentativo di impiccagione. Intanto il pm ha ordinato l’acquisizione di tutta la documentazione clinica del giovane, da tempo in cura, il cui esame è indispensabile prima di disporre una (sicura, secondo la procura) consulenza psichiatrica. Qualunque sia stato il movente, è certo che il raptus omicida sia stato scatenato anche da uno squilibrio mentale. Gli investigatori, però, sono impegnati pure a ricostruire due episodi di violenza di cui è stata vittima Erica nel 2004 e nel 2005, mentre nell’agosto 2011 Paolo ferì con un coltello la sua bimba. Segni premonitori sottovalutati?
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