Onichini condannato: «Che beffa, invece lui è un uomo libero»

Il commerciante dopo la lettura della sentenza: «Volevo solo difendere mia moglie e mio figlio». Accuse allo Stato: «Qui si proteggono i delinquenti, meglio andare via»
Onichini abbracciato dai familiari dopo la lettura della sentenza
Onichini abbracciato dai familiari dopo la lettura della sentenza

PADOVA. Signor Onichini, lei è stato condannato per tentato omicidio di un ladro entrato nella sua casa. Voleva ucciderlo?



«Non volevo uccidere nessuno. Volevo solo difendere mio figlio e mia moglie. Ho fatto quello che qualunque padre di famiglia avrebbe fatto al mio posto. Il tribunale ha visto le cose in modo diverso. Mi sento ingiustamente condannato. Non ho mai nemmeno preso una multa per eccesso di velocità. Ho sempre e solo lavorato. Invece vengo considerato a un livello inferiore rispetto a un pluripregiudicato ancora libero. Oltre il danno, la beffa. Sono provato».

Si aspettava la condanna?

«Sinceramente no. Almeno non mi aspettavo una condanna del genere».

Proporrà appello?

«Penso proprio di sì.

Come sta vivendo?

«Di fatto sono in prigione perché da 4 anni vivo nella gogna. Mi sento in gabbia. E ora ho preso una condanna a quasi 5 anni di carcere per essermi difeso a casa mia».

Se oggi si trovasse con i ladri in casa, reagirebbe allo stesso modo?

«Non posso sapere che cosa farei. Non lo puoi sapere prima. È l’istinto, l’adrenalina, la paura che ti fanno reagire in un modo o nell’altro. Chi non ha provato, non può capire».

Che consiglio darebbe a chi rischia di trovarsi nella sua situazione?

«Consiglio di cambiare Stato. Di andare a lavorare altrove perché l’Italia protegge i delinquenti. Tanto è vero che la controparte (il ladro Elson Ndreca), condannata a quasi 4 anni di carcere, non ha fatto un giorno in cella. Anzi pretende un risarcimento. E non mi ha pagato neanche un euro del ristoro che deve darmi, nonostante la sua condanna sia definitiva. Non si è mai presentata alle udienze del suo processo. È venuta in aula solo un giorno durante il processo a mio carico per chiedere i danni. È quando gli fu chiesto il nome dei complici, ricordo che disse “pagherò per quello che non dico”».

E lei?

«Sono andato a tutte le udienze. E continuo a lavorare, spaccandomi la schiena, per mantenere la famiglia. Evidentemente non conta».

La sua vita è cambiata?

«Sono stato costretto a cambiare casa, paese e provincia per paura di ripercussioni. Ho cambiato tutto (oggi vive nel Veneziano)».

Franco Birolo, il tabaccaio che uccise il ladro a Civè di Correzzola, prima condannato poi assolto in appello, sta vendendo l’attività.

«Lo capisco benissimo. Pure io non ne posso più di questa Italia, di questo sistema che protegge i banditi lasciati liberi. E che abbandona le persone che si difendono».

Una settimana fa c’è stata una manifestazione per sostenerla...

«Apprezzo la vicinanza delle persone: mi danno la forza per andare avanti. E sono persone che nemmeno conosco».

Cristina Genesin
 

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