Ortopedia, tutto esaurito: lista d’attesa per 1.400

Succede al Sant’Antonio, reparto d’eccellenza diretto dal dottor Candiotto: «Facciamo 1.700 interventi all’anno». Ma i medici non bastano: solo 12 su 16
CARRAI - BAR CHIUSO OSPEDALE SANT'ANTONIO CARRAI - BAR CHIUSO OSPEDALE SANT_ANTONIO
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PADOVA. Continua a salire il numero di richieste di interventi all’anca, al ginocchio e alla spalla al reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova. Lo testimoniano i numeri: oltre 1.400 pazienti stanno infatti aspettando di essere operati per riacquistare la libertà di movimento. La lista d’attesa è di quasi un anno, arriva fino a maggio 2016.

«Un risultato ottenuto attraverso impegno, professionalità e dedizione al paziente», dichiara Sergio Candiotto, alla guida del reparto di Ortopedia da sette anni, «Io e la mia équipe stiamo impiegando tutte le risorse disponibili, ma ad oggi fatichiamo a far fronte alle numerose richieste. Abbiamo bisogno di più personale per garantire maggiore stabilità».

Il turnover è bloccato. Il team di Ortopedia conta solo dodici medici, anziché i sedici previsti dall’organico. Il reparto è specializzato in chirurgia protesica ricostruttiva delle articolazioni: spalla, ginocchio, caviglia e anca. Inoltre, tratta chirurgicamente anche i traumi dello scheletro, causati ad esempio da incidenti. L’80% dei pazienti risiede sul territorio dell’Usl 16.

Dottor Candiotto, perché così tanti cittadini si rivolgono al suo reparto per essere curati?

«L’obiettivo che mi sono posto da sempre è offrire al paziente un ospedale senza paura e senza dolore, dove le difficoltà vengono risolte e sostituite dalla serenità. Non è un’utopia ma una condizione che si ottiene giorno dopo giorno, iniziando da un semplice gesto di attenzione per il paziente e finendo con un intervento chirurgico ben riuscito. La porta del mio studio è sempre aperta, perché credo che il rapporto diretto tra medico e paziente sia insostituibile. Il merito di questo successo non è solo mio: sono affiancato da un’équipe medica di prim’ordine e il gruppo infermieristico possiede un’ottima capacità organizzativa e operativa».

Eseguite circa 35 interventi a settimana e la lista d’attesa non accenna a diminuire, come risolvere questa situazione?

«Stiamo lavorando intensamente per andare incontro alle esigenze dei pazienti. Ogni anno eseguiamo almeno 1.700 interventi chirurgici. Sono soddisfatto dei risultati ottenuti ma allo stesso tempo sono amareggiato perché più di così, non riusciamo a fare. La direzione crede in noi e collabora già nel pieno delle sue possibilità, i limiti sono dettati dalla programmazione sanitaria. In più con l’arrivo del periodo estivo è scattato il piano ferie, la turnazione ridotta ha portato una diminuzione delle attività del 25%. È inevitabile, ma crea un ulteriore ostacolo».

Quando guarda al futuro, cosa vede?

«Sono in servizio da 35 anni. Ho lavorato per 17 anni in qualità di primario, in due ospedali diversi. Proprio pochi giorni fa ho compiuto i 61 anni. Credo che sia giunto il momento di trasmettere alle nuove generazioni la mia esperienza professionale e le conoscenze acquisite. Nei prossimi cinque anni, mi piacerebbe condividere un percorso di apprendimento con alcuni giovani medici».

Cosa ne pensa dottor Candiotto delle nuove disposizioni del Governo Renzi per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, applicate in corsia?

«Credo che un medico rimanga tale e quindi in grado di lavorare, fino a che è lucido mentalmente. A mio parere, un medico è all’apice della carriera tra i cinquanta e i settant’anni perché detiene il massimo dell’esperienza maturata nel corso della vita. E’ giusto rispettare le regole però penso che un professionista che si avvicina all’età pensionabile possa essere inserito in un meccanismo di formazione rivolto ai giovani, ugualmente produttivo».

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