Rette nelle case di riposo, a Padova aumenti fino a 3 euro al giorno

Volpe (Uripa): «Cresciuti i costi per le spese e gli stipendi del personale». Una lettera alla Presidenza del Consiglio per istituire un ministero ad hoc

Simonetta Zanetti
Alcuni anziani ospiti di una casa di riposo: aumentano i costi del servizio e anche le rette
Alcuni anziani ospiti di una casa di riposo: aumentano i costi del servizio e anche le rette

Anno nuovo, aumentano le tariffe. Un appuntamento a cui non si sottraggono nemmeno le case di riposo: tra uno e tre euro al giorno gli incrementi previsti per la quota alberghiera, a carico quindi delle famiglie.

«Dal primo di gennaio il conto del bar dove faccio colazione tutte le mattine è aumentato di 50 centesimi per un caffè e una spremuta e ancora non capisco come sia possibile» commenta Roberto Volpe, presidente di Uripa, l’ente che raggruppa le case di riposo del Veneto «viviamo in un sistema di aumenti fuori controllo: figuriamoci quanto possono essere cresciuti i costi che devono affrontare strutture come le nostre che producono servizi.

Pensiamo alle spese per il gas, ma anche per l’olio e lo zucchero di siamo grandissimi consumatori. Accanto a questo, incide anche il costo del lavoro con l’aumento dei contratti, laddove comunque il personale resta sempre pagato troppo poco».

Sul territorio dell’Usl 6 ci sono 43 strutture accreditate per anziani non autosufficienti con 5.429 posti autorizzati (5.338 quelli accreditati): complessivamente, nei numeri il Padovano è dietro a Veronese e Trevigiano.

IL NODO RISORSE

«Avevo chiesto alla Quinta commissione venti milioni per alleggerire le famiglie» prosegue «ma di noi si parla solo all’inizio dell’anno, poi per gli altri 11 mesi la non autosufficienza torna a riguardare solo le persone che la vivono. Dopodiché mi dovrebbero spiegare con una quota alberghiera tra i 56 e i 58 euro al giorno quale albergo si trova che ti ospiti: nemmeno un B&B in cantina».

Ma non è solo una questione di soldi: «Qualche mese fa ho scritto anche alla Presidenza del Consiglio e ai parlamentari veneti per chiedere l’istituzione di un Ministero per le persone anziane: quello per la disabilità, pur senza portafoglio, ha dato grande dignità a questo settore, sono state previste leggi e riforme. Ma ovviamente non mi ha risposto nessuno».

La prospettiva è che gli ultraottantenni passino da 370.484 a 640 mila nel 2050. E intanto, spiega Volpe, le liste d’attesa continuano ad allungarsi. «Sarà come se le città di Padova Verona, Vicenza e Rovigo fossero tutte abitate esclusivamente da anziani» dice «e questo fa aumentare le persone in lista, ormai saranno 10 mila quelle in attesa.

La gente mi chiama da tutto il Veneto nella speranza che io possa fare qualcosa per sistemare il loro congiunto, come se avessi la bacchetta magica. Sono persone disperate e arrabbiate.

Il problema è che sono al massimo due su dieci le persone per cui la non autosufficienza arriva in modo progressivo, ma tra gli anziani basta una caduta o un ictus per mettere improvvisamente la parola fine a una vita piena e indipendente».

Nelle strutture, la qualità dei servizi e la presa in carico, del resto, aumentano la durata della vita degli anziani e il turnover è basso con una mortalità del 15%.

I LAVORATORI

In questa situazione si inserisce il tema dei lavoratori, a partire da infermieri e operatori sociosanitari: «In tutto il Veneto mancheranno 3 mila Oss» conferma Volpe «nel 1997 ho lanciato l’allarme sugli infermieri e nel 2005 ho detto che c’era un’emergenza Oss.

E oggi siamo al punto che gli operatori sociosanitari in media sono pochi e hanno più di 40 anni: questo viene visto come un luogo professionalmente sicuro ma anche come ultima spiaggia in cui arrivare alla fine della vita lavorativa. È anche l’effetto della glaciazione demografica, per cui mancano oggettivamente i lavoratori, non solo nel nostro settore: i baby boomer ormai stanno invecchiando e adesso mancano persone che non sono mai nate».

Ancora una volta si ripresenta quindi il tema dell’immigrazione guidata: «C’è chi ha investito sull’estero» spiega Volpe «ma si tratta di iniziative personali e anche complicate da gestire che invece andrebbero istituzionalizzate. Noi abbiamo preso degli appartamenti in affitto per ospitare gli infermieri in arrivo dall’estero. Oggi dei 32 che lavorano nella mia casa di riposo, 19 sono stranieri, 6 sono brasiliani. Lo stesso vale per gli Oss: ma per fare arrivare i lavoratori dell’estero dobbiamo arrangiarci in tutto e per tutto, con gli alloggi ma anche con i documenti.

E ovviamente anche questo concorre ad aumentare le spese. Le persone non si rendono conto dei problemi che ci sono dietro al nostro lavoro, si svegliano solo quando aumentano le rette o hanno bisogno per un loro familiare, allora il tema diventa urgente.

E sul fronte della politica la situazione è ancora peggiore perché questo non è un tema che crea consenso».

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