Padova capitale del volontariato: "Le grandi virtù che possediamo"

L'articolo del direttore Paolo Possamai, nel giorno in cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella apre le iniziative dell'anno che vede la nostra città punto di riferimento a livello europeo

PADOVA. “Non il risparmio, ma la generosità e l’indifferenza al denaro. Non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo. Non l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore alla verità. Non la diplomazia, ma l’amore al prossimo e l’abnegazione. Non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere”.

Per ragionare insieme su volontariato e solidarietà - cui Padova, con il Veneto, da capitale europea dedica un anno di riflessione - vi ho proposto un brano tratto dal racconto di Natalia Ginzburg intitolato “Piccole virtù”. A dispetto del titolo, però, la scrittrice torinese non aveva affatto predilezione per le virtù piccole nella semina connessa al passaggio di consegne tra le generazioni. Conclude infatti così Ginzburg: «Per quanto riguarda l'educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole virtù, ma le grandi. Di solito invece facciamo il contrario: ci affrettiamo a insegnare il rispetto per le piccole virtù, fondando su di esse tutto il nostro sistema educativo”. Insomma, Ginzburg ci sprona a esercitare ambizione e a fare un sano commercio di virtù, a non essere micragnosi con il patrimonio di cui disponiamo.

Partiamo da qui, allora, ossia dal tema delle virtù. Che è letteralmente sparito dal lessico comune. Come se i marinai avessero, per definire la loro rotta, solo scogli, relitti semi-affioranti e secche, senza avere dunque tra i “punti cospicui” di orientamento anche fari, campanili, paesi.

Fuor di metafora: come se il nostro navigare fosse scandito solo da negatività e non avesse nel proprio codice anche le ragioni del vivere civile e, per l’appunto delle virtù. Che non è materia di esclusivo appannaggio della cultura cattolica, basti semplicemente riandare a tanti maestri del pensiero classico greco e latino.

Dovremo osservare, però, che la parola virtù sopravvive ormai quasi solo nell’aggettivo “virtuale”. Che dal campo della vita reale e praticata è transitato nell’area semantica opposta: sta a indicare ciò che non esiste o che al più configura una ipotesi. Una potenzialità tutta da esaminare. Ma anche una sorta di miraggio e di possibile inganno.

Ma la virtù esiste, nei fatti esiste e senza declamazioni e anzi di solito con pudicizia e ritrosia trova una sua reale proiezione appunto nel volontariato e nella solidarietà. Provate a rileggere la rassegna delle Grandi Virtù che Ginzburg allinea e ponetele, una dopo l’altro, accanto alla vostra personale esperienza di bene ricevuto o portato nell’esercizio del volontariato. Quando siamo stati ammalati, noi o i nostri cari in una corsia di ospedale, con i volontari accanto a noi. Quando abbiamo avuto la casa devastata da una alluvione e la Protezione civile è giunta in soccorso. Quando abbiamo riscontrato il valore immenso di qualcuno che ci donava il suo tempo. Un regalo gratis. Gratis. Che è parola sorella di “grazie”.

Grazie allora a chi investe il proprio tempo e le proprie risorse per soccorrere chi ha meno. E il nostro “grazie” potrebbe anche accompagnarci a una ulteriore riflessione sulla nostra identità di veneti.

Anche grazie al fatto - concretissimo e quotidiano - che un veneto su cinque pratica volontariato in prima persona, è tutt’altra rispetto a una vulgata di basso conio e di frequente smercio. Possiamo accettare di essere associati - noi veneti - a una immagine che tiene dentro concetti come egoismo, individualismo, secessionismo? Non dovremmo ragionare su chi siamo, su chi vogliamo essere, su come ci sappiamo raccontare? L’auto-analisi e il racconto di noi può trovare in questa annata incardinata su “Padova, capitale europea del volontariato” una assai favorevole occasione.




 

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