Padova, «Cappadona, uomo di potere in rapporto diretto con Galan»

Le motivazioni della Cassazione che ha confermato la condanna a 4 anni  per il sottufficiale già responsabile della sezione di polizia giudiziaria in procura

PADOVA. «La strumentalizzazione della propria funzione pubblica» avrebbe reso «la sua condotta particolarmente grave, anche perché pervicacemente posta in essere e portata avanti in più fasi per molti mesi». Ancora «si è anche sottolineato come la carriera e la fama di carabiniere integerrimo... in realtà, all'esito dell'analisi del complesso probatorio, non corrispondesse a verità, essendo piuttosto emerso che il ricorrente era noto per essere un uomo di potere, esercitato con indole vendicativa nei riguardi di chi non si sottometteva ai suoi desidera».

L’ultimo grado

Durissime le parole contenute nella motivazione della sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna a 4 anni per tentata concussione nei confronti del luogotenente dei carabinieri Franco Cappadona, già responsabile della sezione di Polizia per giudiziaria nella procura di Padova durante la guida del procuratore Calogero.

I fatti

È dell’8 agosto l’udienza al termine della quale la Suprema Corte (ultimo grado di giudizio) aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Cappadona, come reclamato dal procuratore generale. I fatti sono quelli relativi alla nuova sede dell’Arpav (agenzia regionale). Secondo l’esito processuale Cappadona aveva cercato di condizionare la scelta dell’allora direttore Arpav (l’avvocato monselicense Andrea Drago) per la scelta di un immobile nel Net Center in via Venezia (valore, 27 milioni di euro) realizzato dall’imprenditore Mauro Bertani, suo amico (il cui gruppo societario sta collassando). E in cambio aveva messo sul piatto la promessa (non accettata da Drago) di una tangente di 300 mila euro.

Le motivazioni

Sempre l’accusa ha sostenuto che nel corso di una cena Cappadona avrebbe «consigliato ed esortato Drago con tono e modalità perentorie a soddisfare le pretese di Bertani», mentre l’avvocato Giorgio Fornasiero avrebbe «rafforzato la minaccia dicendo ho saputo che hai intenzione di escludere Bertani... Stai attento a quello che fai... Se non fai quello che ti dice, quello ti rovina». È già definitiva la pronucia per questi ultimi per tentata concussione: un anno e 8 mesi a carico di Fornasiero, l’imprenditore Bertani ha patteggiato la stessa pena. «La valenza della frase... pronunciata dall'imputato nei confronti di Drago per soggiogarne la volontà... deve essere contestualizzata nel vissuto degli interlocutori per apprezzarne le potenzialità concussive, nonché calata nelle vicende che - prima e dopo - hanno accompagnato lo sviluppo della richiesta illecita» scrivono i giudici della Cassazione, «Si ricordano i tentativi messi in atto da Cappadona di screditare la persona offesa attraverso la stampa; l'attenzione insistente per la presunta illegittimità del suo operato amministrativo, rivelatasi infondata; la ricerca continua di strumenti per far sì che la delibera di esclusione della società di Bertani dal novero di quelle possibili aggiudicatarie... fosse revocata, anche scomodando il presidente della Regione Galan (l’allora governatore poi coinvolto nell’inchiesta le tangenti del Mose) con il quale Cappadona aveva un rapporto diretto e privilegiato, in ragione di una nota posizione di "potere" che gli veniva attribuita, come risulta dalle dichiarazioni anche della moglie di Galan...» —.

CRI.GEN.
 

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