Padova, ceneri mischiate al forno crematorio: «Pena di 4 anni e 6 mesi»

PADOVA. «Sono gli stessi imputati che ci dicono che ogni qualvolta cremavano un corpo, una buona parte delle ceneri finiva nel sottofondo del forno andando così dispersa. Mescolavano e disperdevano in piena consapevolezza. Ci troviamo sotto gli occhi dei fatti vilipendiosi della pietas umana». Il pm Sergio Dini ha argomentato così la richiesta di condanna a 4 anni e 6 mesi per Dario Ferro, 23 anni di Rubano, e Rossano Ferro, 41 di Saccolongo, già dipendenti di Nordest Cremazioni. Entrambi sono accusati di soppressione e vilipendio di cadavere e peculato. «La consulenza tecnica ci assicura che i resti di più persone vennero mischiati. Anche se uno degli imputati ha firmato dei documenti delle operazioni di cramazione, è il caso di chiedere una condanna uguale visto che agivano sempre assieme. La decisione finale spetta al collegio giudicante presieduto dal giudice Nicoletta De Nardus. Il 21 gennaio prossimo la parola spetta alle difese e quindi ci sarà la sentenza.
Era l’ottobre del 2008 quando i due addetti (ora ex) al forno crematorio del cimitero maggiore, commisero tre errori. In tribunale infatti è emerso che quel giorno versarono le ceneri di tre cremazioni (di una donna e due uomini) in un’unica cassetta; in altre tre cassette erano stati trovati resti mescolati. «Quando si infila la cassetta sotto il forno», disse in aula Rossano Ferro, «non si possono vedere quanti resti ci sono all’interno, visto che la pulizia si faceva una volta alla settimana, solitamente il lunedì mattina quando il forno è freddo. Capita di estrarre anche settanta chili di ossa, che gli addetti del Comune venivano a prendere una volta ogni 15 giorni. Il giorno del sopralluogo dei carabinieri del Noe non erano in programma cremazioni per l’ossario comune. Quel giorno mi sono dimenticato di chiudere il portellone tagliafuoco, c’era già una cassetta e ne ho infilata una seconda. Quel giorno avevamo fretta, dovevamo registrare per la prima volta le cremazioni al computer e non ci siamo accorti che c’erano i resti mortali di due persone».
«Era impossibile non far entrare la cassa nel forno», aggiunse Dario Ferro, «visto che il carrello aveva due agganci che andavano proprio infilati nella cassa. All’arrivo dei carabinieri c’erano due casse con i resti della pulizia dei sottofondi e altre due con cremazioni degli ossari comuni». Seguì la contestazione del pm Dini che rilevò che l’imputato nell’interrogatorio di quel giorno non aveva fatto menzione dell’esistenza di due contenitori che racchiudevano resti di cremazioni comuni. «Me ne sarò dimenticato» rispose l’imputato. Il Comune (che si è costituito parte civile) è stato pure citato come responsabile civile. I congiunti delle persone coinvolte nei resti mortali mischiati (sono 5 quelli costituiti in giudizio) hanno reclamato complessivamente risarcimenti per un milione di euro e provvisionali per circa 250 mila euro.
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