Padova, chiude l'associazione che raccoglieva i papiri di laurea

PADOVA. La storia del papiro padovano, che da secoli accompagna i festeggiamenti di ogni laureato del Bo, affonda nei primi decenni del Seicento, quando amici e parenti dedicavano ai neodottori sonetti e canzoni. Solo da metà Ottocento, però, si trasforma in vera e propria tradizione, con il taglio ironico che la contraddistingue. Ad oggi l’uso non si è perso e alcuni papiristi, come Tito Bignozzi, scomparso nel 2007, hanno conosciuto una certa notorietà. Nel 2015, a tutela del papiro, era nata anche un’associazione: Unipapiro. In questi anni i suoi fondatori hanno raccolto, catalogato e scannerizzato centinaia di papiri, intervistato e premiato disegnatori, archiviato materiale storico e multimediale.

L’associazione L’hanno fatto con soldi propri, continuando di anno in anno a bussare alla porta del Comune e dell’Università. Chiedevano, essenzialmente, uno scanner adatto alla digitalizzazione dei papiri ed una stanzetta dove archiviare il materiale raccolto. Se possibile, un migliaio di euro l’anno per piccole spese e l’organizzazione del premio “Papirista dell’anno”. Ma, in tutto questo tempo, le risposte che aspettavano non sono mai arrivate. «Quattro anni fa», racconta il presidente, Cesare Granati, «avevamo avviato questo lavoro per chiedere in realtà uno spazio dove leggerli, i papiri: c’erano stati episodi di ragazzi multati o allontanati dal centro con l’accusa di sporcare. E noi, allora, ci eravamo riuniti per chiedere uno luogo dedicato».

Memoria storica Poi l’associazione ha preso una piega più culturale: «Abbiamo ricevuto subito l’appoggio della goliardia, con il tribunato degli studenti», continua Granati, «e dato che l’obiettivo non era facile da raggiungere, ci siamo messi a studiare. Abbiamo raccolto materiale e testimonianze sulla storia e sull’evoluzione del papiro padovano, insieme ad un archivio che ormai conta molte centinaia di esemplari. Il nostro non è certo il primo che viene realizzato, ma siamo stati i primi a voler dare continuità al progetto, accogliendo anche i papiri contemporanei». Un anno dopo è arrivato il premio “Papirista dell’anno”, di cui si sono svolte tre edizioni. Le attività di Unipapiro hanno sempre raccolto supporto e successo: partecipazione da parte dei giovani, interesse da parte delle istituzioni, visibilità sulla stampa.
La chiusura Insomma, a guardar da fuori si sarebbe detto che le cose andassero a gonfie vele. Ma non era così. «In tutto questo tempo», scandisce Granati, «nessuno, né in ateneo né in Comune, ha recepito le nostre necessità. L’assessore Colasio aveva parlato di uno scanner e uno spazio alla reggia Carrarese. Ma quello spazio è ancora molto di là da venire e intanto il nostro ufficio è ancora il mio garage. Le attività non sono più sostenibili, sia sul piano economico, perché gli unici finanziatori sono stati sempre e solo i soci fondatori, sia su quello dell’operatività».
Di qui la scelta di chiudere, ufficializzata nei giorni scorsi, e di donare l’archivio cartaceo al Comune. «Ringraziamo tutti coloro che ci hanno sostenuto», conclude l’ormai ex presidente, «e ci auguriamo che in futuro qualcuno sia più bravo, più fortunato, più ascoltato di noi». —
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