Dal Catajo alla Pediatria, cosa può cambiare a Padova senza la Soprintendenza

Un disegno di legge della Lega vuol rendere non vincolanti i pareri rilasciati. Ecco gli ultimi casi in cui Padova si è divisa sui divieti, con polemiche accese

Claudio Malfitano

La proposta di legge è depositata alla Camera da qualche giorno, prima firma quella del leghista trevigiano Gianangelo Bof: niente più «parere vincolante» delle Soprintendenze sui vincoli paesaggistici, la scelta – secondo i proponenti – dovrebbe passare ai sindaci.

«Nulla in contrario quando la Soprintendenza si esprime su beni monumentali ma basta con le ingerenze per gazebo, pompeiane e intonaci – ha spiegato il proponente – Ricordiamoci che Venezia è nata senza Soprintendenze».

Una norma che rivoluzionerebbe anche i permessi a Padova: dalle palazzine liberty di piazzale Boschetti al castello del Catajo e la nuova Pediatria, dai plateatici nelle piazze alle giostre in Prato e il videomapping natalizio sulle facciate, sono diversi i casi in cui la Soprintendenza è intervenuta nelle questioni padovane. Non senza suscitare talvolta aspre polemiche.

I vincoli paesaggistici

Il più discusso vincolo apposto recentemente dagli uffici di via Aquileia nella provincia euganea è certamente quello che tutela il castello del Catajo a Battaglia Terme, il monumentale maniero costruito nel XVI secolo dal marchese Pio Enea degli Obizzi.

Nel 2017 il vincolo paesaggistico indiretto apposto dal soprintendente Andrea Alberti su un’area molto vasta vanificò gli sforzi della società immobiliare che aveva intenzione di costruire un centro commerciale sui terreni di via Mincana, a Due Carrare, portando al fallimento del progetto e della società.

E ancora qualche anno dopo la Soprintendenza è stata protagonista di una faticosissima autorizzazione alla realizzazione della nuova Pediatria arrivata nel 2020 da parte di Alessandro Magani: un edificio alto oltre 30 metri vicinissimo alle mura cinquecentesche.

La necessità di tenere insieme la fretta di avere una struttura che cura i bambini malati con la necessaria tutela degli storici bastioni. Oggi, con la realizzazione quasi completata, ognuno può farsi un’idea se il via libera sia stato una decisione giusta o meno.

Andando indietro nel tempo, nel 2005 è stato il soprintendente Guglielmo Monti a vincolare, stavolta in maniera diretta, le due palazzine liberty di piazzale Boschetti.

Un atto per tutelare degli edifici che fanno da «quinta» tra la città storica e la prima espansione industriale, con facciate «trattate secondo gli stilemi neorinascimentali filtrati da un espressivo storicismo che realizza con tecnologie “modernissime”, come il cemento stampato, modanature, fregi e inviluppi decorativi in sapore liberty», si legge nel decreto.

Tavolini e giostre

Tra i pareri più recenti di via Aquileia che hanno provocato più di qualche polemica c’è quella sui plateatici nelle piazze e nell’area del centro storico.

Dopo la liberalizzazione selvaggia del periodo pandemico, il soprintendente Vincenzo Tiné ha deciso di restringere le maglie, mettendo nel mirino anche i funghi riscaldanti a gas con la fiamma visibile. Anche le proiezioni natalizie con il videomapping sugli edifici monumentali del centro quest’anno è stato ristretto a causa delle limitazioni imposte dalla Soprintendenza.

E poi c’è da registrare l’accordo firmato poche settimane fa con il Comune per regolare gli eventi.

Sono previste autorizzazioni più veloci per chi rispetta alcune norme piuttosto restrittive, mentre per le situazioni più impattanti è richiesta una specifica istanza.

In più l’accordo mette al bando le giostre più alte di 5 metri in Prato della Valle, perché interferiscono con il cono visivo di Santa Giustina. È probabile dunque che lo scorso anno sia stato l’ultimo.

L’assessore Colasio: «C’è dialogo e collaborazione, tutelare è anche valorizzare»

«È un progetto che non sta né in cielo né in terra. Io difendo a priori la Soprintendenza, ma ciò che crea fastidio è l’assoluta discrezionalità. Se si se entra in un campo di merito architettonico o politico, questo può creare problemi. Per questo serve il dialogo».

Nessun sostegno alla proposta leghista di depotenziare le Soprintendenze da parte dell’assessore alla cultura Andrea Colasio, che anzi chiama ad un’alleanza nel nome della tutela ma anche della valorizzazione dei beni culturali.

«I funzionari statali svolgono una funzione di controllo, non necessariamente devono essere amati – ragiona l’assessore – Ma in un contesto di beni culturali diffusi come quello padovano bisogna essere alleati. Serve un approccio pragmatico, come quello che molti soprintendenti negli anni hanno fatto crescere in città. Perché la tutela deve essere oggettiva e non d’imperio. Per fortuna a Padova negli ultimi anni si è sempre operato con intelligenza e saggezza».

Non è un mistero però che alcune indicazioni della Soprintendenza sono andate di traverso all’amministrazione comunale, perché hanno condizionato scelte e decisioni politiche e strategiche sullo sviluppo della città.

«Il Comune non è nemico della Soprintendenza, lavoriamo nella stessa direzione: tutela e valorizzazione si tengono insieme – risponde Colasio – Se non c’è una valorizzazione non c’è neppure tutela. Per questo le Soprintendenze devono stare attente a non far venire meno il consenso sulla logica della tutela».

Una tutela che, come ricorda l’assessore, la Costituzione assegna alla Repubblica nel suo insieme, quindi anche agli enti locali: «In assemblea costituente ci fu una discussione sull’articolo 9, se usare il termine Stato o Repubblica. Tra gli statalisti c’era Concetto Marchesi, tra i federalisti l’autonomista Tristano Codignola. Alla fine un emendamento dell’azionista Lussu portò al compromesso: è la Repubblica che tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Come per dire che Comuni, Regioni e enti locali hanno piena titolarità nella tutela, che deve svolgersi nella leale collaborazione tra enti istituzionali. Una lezione che vale ancora oggi».

Il soprintendente Tiné: «Lavoriamo in tempi stretti, i ritardi sono altrove»

«La tutela del paesaggio è un principio di rilevanza costituzionale, lo stesso vale per i beni culturali. Per eliminare la discrezionalità servono regole condivise, come stiamo facendo in Veneto con il piano paesaggistico regionale».

Il soprintendente Vincenzo Tiné non pare sentirsi sotto attacco, né ovviamente vuole entrare in dispute politiche. Ma sulle presunte lentezze burocratiche respinge ogni addebito: «Noi abbiamo dei tempi fissi da rispettare, altrimenti scatta il silenzio-assenso. Chi ritarda sono altri enti».

Soprintendente, le contestano una discrezionalità nella scelta su cosa vincolare: è così?

«Finché non si fa un piano paesaggistico è necessario affidarsi a un funzionario. Che poi sia delle Soprintendenze o dei Comuni non cambia. Anzi il fatto che sia un funzionario statale assicura maggiore terzietà».

La soluzione dunque sono i piani paesaggistici?

«È il modo per avere norme chiare. In questo modo le regole si fanno insieme, tra Stato e Regione. Il Veneto è molto avanti: stiamo lavorando in maniera assidua. Peccato che questi rumori di fondo possano mettere in difficoltà un lavoro che si sta facendo per dare regole chiare alla tutela del paesaggio».

Quanto tempo ci vorrà perché il piano sia approvato?

«Ci siamo dati delle scadenze a breve termine. È interesse di tutti avere finalmente queste regole condivise tra Stato e Regione. Il Veneto ha fatto una scelta di piano paesaggistico proprio per superare la discrezionalità con regole esplicite e condivise. Questo è l’elemento fondamentale: senza regole la discrezionalità ci sarebbe comunque».

Vi accusano di essere lenti, un ostacolo burocratico per qualsiasi iniziativa privata...

«I termini sono fissati per legge e sono estremamente ristretti. Per un’autorizzazione paesaggistica semplificata sono 20 giorni, per una ordinaria 40. Altrimenti scatta il silenzio assenso. Non dipende quindi da noi, ma dagli altri enti».

Le Soprintendenze sono in difficoltà perché manca il personale?

«C’è stato negli anni un gravissimo problema di organico. Ma per fortuna il recente concorso ha consentito di avere nuovi funzionari. Da oggi in 4 entreranno nell’operatività aggiungendosi ai 4 già attivi. Così saremo in 8, mentre da pianta organica dovremmo avere 13 architetti».

Avete avviato anche collaborazioni con gli enti locali per snellire le pratiche burocratiche, come con il Comune di Padova per gli eventi.

«È una modalità che ci siamo inventati in Veneto e che sta funzionando anche a Verona, Venezia e poi a Cortina e nel Parco Colli. Gli enti locali lavorano fianco a fianco con la Soprintendenza per evitare perdite di tempo: facciamo l’istruttoria insieme, anche se rimane ovviamente l’autonomia di giudizio. Da parte nostra c’è sempre la massima collaborazione per accelerare i tempi».

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