Crisi abitativa, rigenerazione urbana e bellezza: l’eredità di Righetto per Padova

Dopo quattro anni alla guida dell’Ordine degli architetti di Padova, Roberto Righetto fa il bilancio del suo mandato: «Ci aspetta un periodo di crisi. Si facciano più concorsi di idee per mettere al centro la bellezza»

 

Claudio Malfitano
Il presidente dell’Ordine degli architetti Roberto Righetto
Il presidente dell’Ordine degli architetti Roberto Righetto

«Investire in housing sociale e usare la leva fiscale per favorire la residenzialità in città». È la ricetta che il presidente dell’Ordine degli architetti Roberto Righetto, giunto al termine del suo mandato, indica per combattere la crisi abitativa, probabilmente la più urgente delle questioni che riguardano le politiche urbane a Padova. Dopo 4 anni di mandato è giunto il momento di un bilancio: «Abbiamo messo al centro cultura e bellezza, a partire dalle periferie».

Presidente Righetto, in questo momento la principale questione aperta in città è la crisi abitativa, tra l’esplosione di affitti turistici e l’aumento dei costi degli affitti. Come si può intervenire?

«Alle grandi trasformazioni del post Covid la città non si è presentata preparata. Si è creato un mix tra la scarsità, se non addirittura assenza, di investimenti in housing sociale, le corrette politiche di limitazione nel consumo di suolo, e la presenza di immobili sfitti che per distorte regole finanziarie non vengono messi a disposizione. Io credo vadano incentivata le politiche pubbliche: abbiamo chiesto alla Regione più stanziamenti sull’housing sociale, purtroppo con scarso ascolto».

Le istituzioni pubbliche possono fare qualcosa?

«Le operazioni di trasformazione del territorio saranno in futuro sempre più caratterizzate da nuove procedure come il partenariato pubblico-privato: qui si dovranno prevedere quote di housing sociale. Ma non si tratta di fare nuovi quartieri ghetto o monofunzionali, deve esserci il giusto mix sociale. Infine va usata la leva delle politiche fiscali di detassazione e incentivi».

L’indicazione zero consumo di suolo rende necessario lavorare sulle rigenerazioni urbane, che rischiano però di essere molto costose. In che modo si può superare questo problema?

«Non vi è alternativa. Il clima non ce lo consente. La città dovrà essere densificata, dovrà crescere in altezza ma al contempo liberare spazi verdi al suo interno. Lo dico a malincuore: non possiamo più permetterci estesi quartieri a bassa densità fatti di villini monofamiliari. In questo processo di trasformazione urbana è indispensabile però una regia pubblica, che garantisca la presenza di servizi e infrastrutture».

La direttiva europea Casa green nei prossimi anni costringerà molti padovani a lavori di adeguamento e miglioramento dei propri immobili. Ci può essere un contributo degli architetti?

«Assolutamente sì, la categoria è pronta: il Superbonus è stato una palestra fenomenale, che ha trasformato il nostro modo di lavorare, rendendo sempre più frequente il lavoro in team interdisciplinare. Ma c’è una cosa importante di cui tenere conto».

Cosa?

«Non dobbiamo dimenticare che come architetti abbiamo il dovere di difendere la bellezza. Ho visto troppi interventi in cui pannelli fotovoltaici venivano messi in facciata senza riguardo ai risvolti estetici, cappotti che si sono sovrapposti ad un disegno studiato e prezioso di facciata, impoverendo la qualità estetica di molti edifici. In alcuni casi la città si è impoverita».

Per buona parte del suo mandato ha sostenuto la necessità di organizzare concorsi di architettura per le opere pubbliche. Non è stato ascoltato, soprattutto per la fretta imposta dal Pnrr. Ora che rientriamo in una fase di normalità cambierà qualcosa?

«Non le nascondo un po’ di amarezza. Mai negli ultimi decenni abbiamo visto arrivare tanti finanziamenti pubblici, ma gli amministratori locali hanno privilegiato il pragmatismo di procedure che ritenevano più affidabili per essere sicuri di stare nei tempi del Pnrr. Abbiamo tentato fino all’ultimo di portare a casa un concorso per l’area dell’ex Prandina, non riuscendoci. Per il futuro mi auguro che Padova si impegni in alcuni importanti concorsi: quello del nuovo ingresso dei musei Eremitani da un lato, e poi un concorso per un masteplan per l’area dell’ex caserma Romagnoli. E infine perché non organizzare un concorso per piazza Insurrezione? Pensare ad un sua restituzione alla città come spazio urbano sarebbe importante, anche se vedo molto problematica l’ipotesi di prevedere parcheggi interrati o seminterrati».

A proposito di questo, è emblematico il dibattito in una città divisa tra chi chiede verde pubblico e chi rivendica più parcheggi per sostenere il commercio in crisi. Ci può essere una soluzione di compromesso? E quale?

«Il compromesso sta nel trovare soluzioni reversibili. Lo stesso park dell’ex Prandina dovrebbe poter essere un domani restituito ad una destinazione verde. Inoltre non dimentichiamo che a breve verrà realizzato l’ampliamento della rete del tram, che cambierà il modo di spostarsi dei padovani».

Nei mesi scorsi l’Ordine è stato protagonista di una polemica per la sede che si trova in piazza Salvemini, una delle aree frequentate da spacciatori e tossicodipendenti. Esistono interventi architettonici contro il degrado?

«La risposta al degrado non sono i ghetti o le gated community. La risposta è la convivenza e il patto onesto di convivenza che stringiamo. La città è sempre stata il luogo del conflitto, ma dobbiamo imparare a convivere con una società multiculturale».

C’è un atto del suo mandato che la rende più orgoglioso?

«Aver messo la cultura e la bellezza al centro del nostro agire. La cultura parte dalla conoscenza del nostro patrimonio nella sua accezione più vasta. Abbiamo promosso in questi 4 anni una serie di iniziative diversificate in campo culturale: seminari, visite guidate, convegni e dibattiti, mostre e rassegne cinematografiche. E abbiamo il dovere di riportare bellezza nelle nostre periferie, nelle zone industriali, e a livello territoriale nel tutelare il patrimonio agrario superstite e quello paesaggistico».

Quali saranno i maggiori impegni del suo successore?

«Il primo augurio è di avere una squadra valida al suo fianco, come quella che ho avuto io. Poi spero possa proseguire la strada che abbiamo intrapreso facendo germogliare i semi piantati. Certamente l’impegno più grande sarà quello di affrontare lo scenario di crisi a livello globale e soprattutto del settore delle costruzioni. Lo si può fare proseguendo l’opera di aggiornamento professionale dei colleghi architetti in alcuni settori chiave, dal cambiamento climatico all’intelligenza artificiale, tenendo sempre presente il ruolo sociale della nostra professione». 

 

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