Sballo in centro, in coma etilico o con le palpitazioni: «I giovani non sanno i rischi»

Parla la dottoressa Zola direttrice di Alcologia dell’ospedale di Padova: «Nel 2023, 380 accessi al pronto soccorso per l’alcol dai 13 ai 28 anni»

Alice Ferretti
Sempre più giovani si sballano in centro storico a Padova
Sempre più giovani si sballano in centro storico a Padova

Uno shottino di rum, una bella sorsata, magari direttamente dalla bottiglia, di dolcissima vodka alla fragola, o ancora peggio un superalcolico mescolato a un energy drink. Così ragazzini dai 13 ai 18 anni finiscono al pronto soccorso. Il giorno stesso, in coma etilico o feriti dopo una caduta in bici o in monopattino, oppure il giorno seguente, portati dai genitori che non si spiegano come mai il figlio o la figlia abbia improvvisamente delle palpitazioni cardiache. E così si scopre che per tutto il weekend ha consumato alcol a fiumi.

Che l’abuso di bevande alcoliche da parte dei giovanissimi stia diventando sempre più un problema lo conferma la dottoressa Erika Zola, direttrice dell’Uos di Alcologia dell’Azienda Ospedale Università di Padova. Ma anche i dati del pronto soccorso dell’ospedale centrale e di quello del Sant’Antonio, raccolti per l’anno 2023 dal dottor Vito Cianci, direttore del pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera e dalla dottoressa Daniela Braghin, specialista in Medicina d’emergenza sempre dell’Azienda.

Dal primo gennaio 2023 al 31 dicembre 2023 gli accessi al pronto soccorso di minorenni, dai 13 ai 18 anni, sono stati una trentina, dai 18 anni ai 22 anni 170 e dai 22 anni ai 28 anni 180.

«Proprio mercoledì si è tenuto a Roma l’Alcohol prevention day dell’Istituto superiore di Sanità», ha detto la dottoressa Zola. «L’uso che i giovani fanno dell’alcol è un uso che io chiamo “sconosciuto”, nel senso che usano una sostanza che non conoscono. Non sanno quello che stanno bevendo e oltretutto ne abusano». Cosa che non porterebbe solo a danni momentanei, ma anche permanenti: «Assumono l’alcol in poco tempo provocando un danno cerebrale irreversibile sulla plasticità neuronale e sul controllo degli impulsi in età matura. Le esposizioni ripetute nell’età dai 13 ai 21 anni a sostanze alcoliche ad alto dosaggio espone questi giovani a potenziali turbe comportamentali ed emotive da adulti», dice la dottoressa Zola.

«Su questi ragazzi vedremo il danno tra 15 anni. Perché è vero che l’alcol è un lubrificante sociale, facilita le relazioni, ma se non si impara ad esercitare le proprie risorse per stare con gli amici, quelle competenze non si svilupperanno mai. E allora si avrà bisogno sempre di qualcosa o si sarà dei disadattati».

E se a bere di più sarebbero i maschi, ultimamente si rileva un aumento esponenziale delle consumatrici femmine, che anno dopo anno si avvicinano a toccare la stessa quota. E oltretutto con danni ancora maggiori: «Per diversi motivi: le donne hanno un peso medio più basso, meno acqua corporale e anche meno enzimi per disintossicarsi. Fisicamente sono più esposte dei maschi agli effetti dell’alcol», spiega la dottoressa Zola.

Non solo: «Le ragazze devono sapere che se ad esempio hanno familiarità per il tumore alla mammella, bere la cosiddetta “seconda cosa” alcolica aumenta di 20 volte la possibilità di avere un tumore alla mammella». Conclude la dottoressa: «Per tutti questi motivi è importante che i giovani abbiano una cultura sull’alcol, vengano formati e istruiti. Non gli si può dire “non devi bere”, ma dobbiamo dirgli cosa c’è dentro a un drink e quali sono gli effetti, per renderli consapevoli».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova