Padova, il caso delle valvole killer: la Cassazione respinge il risarcimento

PADOVA. La Cassazione mette la parola fine alle pretese di risarcimento dei danni cagionato dagli interventi di cardiochirurgia effettuati nel 2001 con cui erano state sostituite le valvole cardiache naturali con protesi valvolari meccaniche, modello Tri-Technologies di produzione brasiliana, le quali avevano rivelato gravi difetti di funzionamento. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dei familiari di Santi Annuario, un agente di commercio di Campodoro, morto nel 2008 a 52 anni, dopo 8 anni in una sedia a rotelle, un paio di ictus e la successiva sostituzione delle valvole difettose.
La moglie Emanuela Varini assieme ai figli Ilaria e Pierluigi avevano cercato giustizia in tribunale ma senza successo. L’Appello confermò la prima sentenza. E ora la pietra tombale della Cassazione che ha rigettato il ricorso contro la compagnia Generali, l’Azienda Ospedaliera, il professor Dino Casarotto, il ministero della Salute, la For.Med., Vittorio Sartori e altre 25 persone. I giudici ripercorrono quanto scritto dai colleghi veneziani sottoscrivendo questa tesi. Partono dal fatto che Casarotto era stato assolto nel processo penale perché il fatto non costituiva reato.
Inoltre che ricorreva la responsabilità contrattuale sia della struttura medica che del sanitario sulla base del contatto sociale e che accertata era la difettosità delle valvole prodotte dalla Tri-Technologies, osservò la corte territoriale che, come rilevato nella sentenza penale di appello, le valvole, oltre a presentare novità migliorative, avevano superato tutti test e le sperimentazioni, conseguendo la certificazione CE e venendo in seguito utilizzate in diversi stati, anche europei, con impianto in oltre seimila casi fuori del territorio italiano e che quanto al valore della certificazione CE, si trattava di verifica effettuata da organismo che, una volta rilasciata la certificazione, consentiva l’utilizzo del dispositivo.
«I controlli di rito sui pazienti impiantati erano stati regolarmente eseguiti» recita la sentenza «e non ne erano esigibili ulteriori, non essendo immediatamente rilevabili dal chirurgo i difetti delle valvole in questione e potendo essere rilevati solo con apposita strumentazione e previo disassemblaggio del dispositivo. In merito al consenso informato «non poteva essere esteso al tipo di valvola da impiantare, involgente aspetti tecnici difficilmente comprensibili dal profano» e comunque, ove l’informazione fosse stata estesa al tipo di valvole da impiantare, il sanitario avrebbe dovuto dire che le valvole erano certificate CE, previa verifica da parte di un organismo tedesco altamente qualificato e che avevano superato i test e non si era manifestato alcun inconveniente, sicché difficilmente il paziente avrebbe desistito dal prestare il consenso alla loro utilizzazione». Come dire che erano difettose ma non si sapeva ed erano perfettamente certificate. I ricorrenti avevano puntato sul fatto che l’Azienda Ospedaliera e i sanitari non avessero assolto il proprio onere probatorio riguardo alla responsabilità per l’utilizzo di prodotti difettoso. Motivo giudicato inammissibile. —
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