Padova, il Duca degli Abruzzi è un’eccellenza che va persa

L’istituto agrario deve fare i conti con strutture in degrado, impianti non a norma e spazi insufficienti per la didattica
la facciata di una delle strutture del Duca degli AbruzzI
la facciata di una delle strutture del Duca degli AbruzzI

PADOVA. Una scuola che vanta un fatturato aziendale. Un’impresa agricola che fa didattica. Il tempio dell’istruzione agraria, eccellenza del Triveneto, si trova nel quartiere di Brusegana e si compone dell’istituto Duca degli Abruzzi (fattoria e cantina, dove si fanno formaggi e vini), del professionale San Benedetto (con serre, pollaio e coltivazioni a metodo biologico) e di un convitto che ospita i ragazzi da tutta la provincia. In totale 160 mila metri quadrati che hanno un triplice registro di bisogni: strutturali e di sicurezza; aziendali e di ammodernamento. Una storia secolare che affonda le sue radici nel 1864, quando i monaci Benedettini narravano lo sviluppo agricolo padovano.


Quest’anno il vino del Duca (uno Chardonay incrocio con Manzoni, 3, 80 euro a bottiglia) è arrivato primo nella competizione nazionale tra tutte le scuole agrarie della penisola. Le stelle di Natale sono così famose che vengono a comprarle da tutta la provincia. Oggi l’azienda agraria ha 38 ettari di vigneti e coltivazioni che si traducono in eccellenze del territorio. Oggi è l’unica scuola in Veneto che vanta una stalla con 90 mucche.


Nel 2011 la Provincia ha sistemato il vigneto, ma da allora il capitolo cantina non ha avuto nessun ammodernamento e per un’azienda sette anni sono un ritardo preistorico. Ancora di più se si attende con premura una cisterna nuova. Inoltre serve la tettoia dei cavalli; va messo in sicurezza l’impianto antincendio e serve un montacarichi nuovo. Capitolo a parte la stalla vecchia. Andrebbe rinnovata per far spazio ad altre aule o diventare un museo dell’agricoltura, invece è un colabrodo, consumata dal duro lavoro, dove non funzionano gli impianti idrico ed elettrico. Malgrado tutto è una voce in attivo nel bilancio con 22mila euro di utile (nel 2016) prontamente reinvestito. Solo per una nuova stalla servirebbero 1,5 milioni di euro. E il caseificio, che è stato messo in piedi da appena un anno e mezzo, ha già reso 5mila euro di fatturato. Ma avrebbe bisogno di nuovi strumenti e di nuove scaffalature. È questo solo per il Duca che è la struttura messa meglio: dal 2000 al 2011 la Provincia ha investito 2, 5 milioni di euro.


Chi ha maggiori necessità è il San Benedetto. «I padiglioni riservati alla gallina padovana», spiega il prof Gabriele Baldan, «hanno bisogno di un ambiente più salubre per i 1.500 capi, 5mila pulcini. Inoltre serve un diserbante da fuoco per limitare al minimo l’uso di prodotti chimici». Tra melanzane, cavolo fiolaro, cavolo nero e radicchio, il prof Luciano Galliola fa notare che le pompe sono fuori uso e trasformano ogni acquitrino nel regno delle rane e della spazzatura. Infine il prof Alvise Destro mostra 1.500 mq di serre obsolete, con più di 30 anni sulle spalle, con cerniere rotte e finestroni elettrici che non si aprono più, non a norma a tal punto che lo stesso elettricista si rifiuta d’intervenire. Non basta. «Manca la copertura per una delle serre – aggiunge l’insegnante – costo sulle 6 mila euro. E non abbiamo tutti i vetri temperati per cui se quelli laterali vanno in frantumi rischiano di fare male ai ragazzi. Né sono a norma l’impianto elettrico e il sistema di ombreggiatura che non è ignifugo. Per fortuna l’anno scorso la Provincia ha finito di bonificare l’amianto delle vasche e delle coperture. Complessivamente per le serre servirebbero 80mila euro».

Infine il convitto. Le urgenze l’hanno sempre rilegato all’ultimo posto delle priorità e così i vetri non sono a norma, non tutti i bagni sono stati rifatti; l’uscita di sicurezza è un pasticcio di ruggine e reti dove c’è, addirittura, un gradino subito dopo la porta antipanico. I 43 ospiti, tutti maschi, fanno i conti con muffe e grondaie colabrodo
 

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