Medicine di gruppo a rischio nel Padovano, la Fimmg: «Azioni legali»

L’allarme del territorio: seguono 211 mila pazienti. Crisarà: siano centri spoke delle case di comunità

Simonetta Zanetti
Medicine di gruppo a rischio
Medicine di gruppo a rischio

Medicine di gruppo integrate sul piede di guerra. A fronte dell’aumento dei costi di gestione di quella che è ad oggi la forma più avanzata di medicina generale sul territorio, la Fimmg ammonisce: «Se la Regione non si farà carico degli incrementi» dice il segretario provinciale del sindacato Antonio Broggio «saremo costretti a rivolgerci agli avvocati».

Il tema è stato accennato sui tavoli veneziani ma senza soluzioni: se ne discuterà dopo le feste.

Il nodo

Lo scorso febbraio è stato aggiornato il contratto nazionale di lavoro del personale di studio, con un aumento degli stipendi di circa il 20% per segretarie e infermiere sia delle medicine di gruppo semplici – la cui retribuzione è a carico dei medici che per questo ricevono un rimborso parziale – che integrate, in carico alla Regione fin dalla loro istituzione.

«È in corso un contenzioso con la Regione che mette a rischio questo servizio così come lo conosciamo» avverte il dottor Giuseppe Lobascio, che lavora nella medicina di gruppo integrata di Vigodarzere.

Un servizio che nei primi 11 mesi ha aperto 180 mila cartelle con 100 visite al giorno e una media di 250 telefonate.

Tra le prestazioni offerte, percorsi diagnostico terapeutici assistenziali per diabete e scompenso, elettrocardiogramma, spirometria, rimozione punti e lavaggio auricolare.

«Queste sono come piccole aziende» prosegue «basti pensare che a Vigodarzere ci sono 8 segretarie e 4-5 infermiere con 8 medici. Se la Regione non interverrà, sistemi di questo tipo non potranno stare in piedi e si tornerà al tradizionale medico, anche in forma associata, ma non di certo con questo tipo di servizio. I cittadini devono sapere il rischio che corrono, è come se chiudesse il primo presidio ospedaliero sul territorio».

Nel Padovano ci sono 14 medicine di gruppo integrate che nell’arco delle 12 ore di servizio assistono 211 mila pazienti».

La federazione dei medici

«La delibera di istituzione delle medicine di gruppo integrate è del 2015 e prevede che il costo sia completamente a carico dell’azienda poiché non si tratta di personale dato in dotazione al medico ma destinato all’assistenza dei pazienti. Pertanto tocca alla Regione e all’Usl farsi carico dei costi, ma al momento Palazzo Balbi fa finta di nulla. Come sindacato ci stiamo muovendo per trovare una soluzione, altrimenti saremo costretti a intentare un’azione legale contro la Regione, ma onestamente spero ancora che ci siano margini».

Se il nodo non verrà sciolto, chiarisce, a farne le spese saranno i cittadini.

«Se gli aumenti non verranno ristorati, i medici torneranno a fare servizio di ambulatorio per le ore necessarie» prosegue Broggio «ma così si priverebbero i cittadini di un servizio “gold standard” che bisognerebbe ambire a estendere, non a ridurre. Senza contare tutte le persone che perderebbero il lavoro. È un problema veramente vasto. Dopodiché» aggiunge «sarebbe anche il caso di adeguare l’accordo integrativo regionale per le medicine di gruppo semplici, fermo al 2005».

L’ordine dei medici

«La Regione deve farsi carico di queste spese investendo sulle medicine di gruppo integrate come spoke delle case di comunità, ovviamente con tutte le rivisitazioni necessarie» suggerisce il presidente uscente dell’Ordine dei Medici Domenico Crisarà «consideriamo che queste ultime possano funzionare dal punto di vista dei servizi in città o nei Comuni principali. Ma se si mette una casa di comunità a 20 km da un Comune non si facilita l’accesso ai servizi. Dopodiché è chiaro che ai medici va chiesta e riconosciuta una migliore organizzazione e una remunerazione parametrata sui risultati. Sebbene questa sia prevista nella delibera, non è mai stata applicata».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova