Padova, parrucchieri si incatenano al negozio: «Tre mesi senza lavoro, dopo si chiude»

PADOVA. Niente riapertura di saloni di acconciatura e centri estetici, almeno fino al primo giugno. E monta la protesta di centinaia di parrucchieri ed estetisti padovani, che dopo il discorso del premier Conte sono sul piede di guerra. Ieri mattina in segno di protesta i titolari del salone “La Dolce Vita” di corso Milano si sono incatenati al negozio. E nei prossimi giorni tanti altri hanno minacciato di voler fare altrettanto. Pronti a incatenarsi perché tre mesi senza lavorare ma con costi e spese invariate vuole dire rischiare di dover abbassare definitivamente le serrande. «Mi scusi, signor presidente, noi che abbiamo costi fissi per 20 mila euro al mese per mantenere l’attività e quattro dipendenti, cosa ce ne facciamo di 600 euro al mese?». Si rivolgono direttamente a Giuseppe Conte Agostino Da Villi e Stefano Torresin, titolari del salone di corso Milano, mentre le catene li tengono legati di fronte alla loro attività. «A marzo abbiamo pagato i dipendenti con i nostri soldi, ma poi non hanno più visto un centesimo. Ci è arrivata una bolletta di 580 euro con il negozio chiuso da un mese e mezzo. Dobbiamo andare in banca a indebitarci per pagare voi?» .
I parrucchieri, così come i titolari di centri estetici erano pronti a ripartire. «La nostra categoria da dieci anni lavora sull’igiene e sulla sicurezza, con guanti, mascherine, igienizzanti e divisori. Aspettavamo solo le direttive ed eravamo pronti a lavorare anche con un cliente alla volta per 14–16 ore al giorno».
Pronti a incatenarsi al loro negozio per protesta anche Jimmy Poliero, titolare del salone “Jem Parrucchieri” di Villatora di Saonara e Tania Marigo, titolare dell’estetica “Bijou”, sempre a Villatora di Saonara. «Speravamo di aprire almeno a metà maggio. Siamo rimasti sbalorditi», dice Jimmy Poliero, «In questo modo non si fa altro che incentivare il lavoro in nero perché molti adesso faranno così. Le persone hanno bisogno di lavorare e di aiuti non si vede neanche l’ombra. Attendo ancora i famosi 600 euro».
Parrucchiere ed estetiste inizierebbero così a girare per le case senza alcuna tutela per loro e per i clienti. «Così il virus verrà veicolato ancora di più, mentre in salone avremmo lavorato in totale sicurezza», spiega Tania Marigo, «Tra affitto, bollette e tasse io e la mia socia abbiamo circa 3 mila euro al mese da pagare. Come facciamo se non lavoriamo?». Nicoletta Rizzo, titolare del salone Boys and Girls di Boara Pisani aveva già stravolto il suo salone: «Ho diminuito le sedute in un salone di 97 metri quadrati, ho comprato igienizzanti, una macchinetta per misurare la temperatura ai clienti, guanti, mascherine, tutto. Ho perfino chiuso spazzole e bigodini in sacchetti monouso. Avevo predisposto ogni cosa per lavorare nella massima sicurezza e invece non si riaprirà». «Nella commissione di esperti del governo ci dovrebbe essere qualche virologo in meno e qualche imprenditore in più. Bisogna spiegare come funzionano una partita Iva e un’attività commerciale. Tre mesi di chiusura a reddito e incasso zero significa portare le attività commerciali in uno stato di disperazione come questa», commenta Massimiliano Pellizzari presidente dell’Associazione Commercianti del Centro.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova