Poste, chiudono altri quattro uffici a Padova: raccolta di firme, biglietti e proteste
Cittadini, sindaci e sindacati sul piede di guerra per lo stop del servizio in alcuni quartieri e per la mancanza di personale in alcune aree della provincia
Oggi, 16 dicembre, è prevista la chiusura di 4 uffici postali della città. Cgil, che ha monitorato la situazione, segnala disservizi e preoccupazione da parte dei clienti. Che protestano con raccolte di firme, come al Portello per chiedere lo stop al provvedimento, o con bigliettini – come a Mortise – contro le code legate all’organico inadeguato.
Gli sportelli condannati alla chiusura sono piazza De Gasperi (Padova 1), Portello (Padova 2), Bassanello, via Cavallotti (Padova 6) e Zona Industriale, precisamente via Delle Industrie (Padova 15).
Saranno ridimensionati altri sei uffici postali, passando dal doppio turno (apertura mattina e pomeriggio) al monoturno (apertura solo al mattino). In città è coinvolta la posta di Madonna Pellegrina (Padova 27), mentre in provincia l’operazione di ridimensionamento degli orari riguarderà gli uffici postali di Abano, Selvazzano, Vigonza, Montagnana e Limena.
La perdita di posti
Le chiusure – secondo una stima della Cgil – si tradurranno di fatto nella perdita di una cinquantina di posti di lavoro.
I dipendenti delle poste al momento in servizio saranno ricollocati, ma con la chiusura degli uffici quelle posizioni non saranno più coperte e dunque non saranno assunti nuovi lavoratori.
Nel dettaglio si parla di 20-23 posti che non saranno più occupabili su Padova e 25 in provincia.
Chiusure e organici
«Rispetto agli uffici che chiuderanno», interviene Stefano Gallo, funzionario Slc Cgil Veneto «alcuni sindaci hanno chiesto chiarimenti a Poste e la risposta è la stessa per tutti: la clientela si sta sempre più digitalizzando, dunque le filiali fisiche non sono più necessarie.
Ma questa versione dei fatti non fa i conti con la realtà, come dimostrano le code, il nervosismo dei clienti, che sempre più spesso si traduce in animose proteste, perfino ingiurie e biglietti di protesta lasciati agli ingressi degli uffici». Come a Mortise, la scorsa settimana, con un’annotazione che recita: «È possibile mantenervi e stipendiarvi per un servizio che non date? ».
«Per i dipendenti – continua Gallo – che lavorano con professionalità, non è certo piacevole ricevere commenti di questo tipo».
Tanto più a Mortise, quartiere popoloso e pieno di anziani, dove si lavora tanto e velocemente: «Qui, malgrado la mole di lavoro, il personale è sistematicamente sottodimensionato: fin dall’apertura l’attesa è già di un’ora. Sono sempre due operatori mentre dovrebbero essere in tre e il direttore spesso si mette allo sportello per dare una mano. Allora l’attesa si riduce a 40 minuti, che sono comunque troppi».
Altro quartiere, altra situazione critica: Salboro. «In questi giorni affollati», riferisce Gallo, «tutti gli uffici che non hanno abbastanza personale vanno in affanno. Padova 20, Salboro appunto, dovrebbe avere due persone, invece di norma c’è una sola dipendente – tra l’altro in un layout, dunque tutto aperto e con non pochi rischi per la sicurezza – che fa 200 operazioni al giorno, più tutto quello che c’è da fare. Per forza in tale situazione si creano poi le code agli sportelli».
Le prospettive future
Gallo si spinge a qualche riflessione in più: «Personale sottodimensionato, chiusure e poi uffici sospesi temporaneamente per lavori che restano inattivi sempre per più tempo del previsto, non sarà una strategia? », si domanda.
«Quello che non capiamo è questo: se devo fare dei lavori come cambiare i led, sistemare gli impianti di aria condizionata e così via, perché non organizzo le chiusure a turni, invece di fermare tre agenzie contemporaneamente? Una risposta potrebbe essere che, alla luce della pesante carenza di personale, i lavoratori vengono usati come “tappabuchi” negli uffici più sguarniti. Inoltre temiamo che dietro le lunghe chiusure, quelle di mesi, ci sia l’intento di disabituare i clienti per far spegnere definitivamente alcune succursali e avere così la scusa di chiuderle definitivamente».
La replica di Poste italiane
La risposta di Poste Italiane a tale proposito è perentoria: «La presenza sul territorio è un asset strategico per l’Azienda e sia gli interventi che il progetto Polis intendono rafforzare un percorso di vicinanza che nel tempo ha permesso di realizzare interventi significativi, confermando il fattivo sostegno alle comunità, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni locali».
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