Dal cappuccino a pizza e birra: a Padova i prezzi più alti d’Italia
I dati della Federazione Italiana Pubblici Esercizi. Si va da 10 centesimi a due euro di differenza a seconda del tipo di consumazione
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Capire le ragioni che hanno portato molti bar a chiudere a Padova appare impresa ardua, come lo è pure il tentativo di comprendere perché all’ombra del Santo una tazzina di caffè, un cappuccino o un pasto in pizzeria siano più cari che nel resto d’Italia.
Secondo i dati di Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi di Confcommercio, tra la tazzina padovana e quella nazionale ballano dieci centesimi.
Il caffè al bar costa mediamente 1,30 euro contro l’euro e venti nel resto d’Italia. Va peggio per gli amanti del cappuccino: cuoricini, nuvolette e qualche altra figura creata con la schiuma di latte dai barman patavini hanno un costo elevato: quattordici centesimi è la differenza media tra il cappuccio euganeo e quello nazionale che si attesta su 1,57 euro.
Non finisce qui: oltre due euro per persona è invece il gap tra chi consuma un pasto in pizzeria: a Padova pizza e bibita costano 13, 73 euro, mentre nel resto d’Italia 11,67 euro.
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«Ci sono innanzitutto delle considerazioni da fare sulla classificazione del servizio e sul tipo di locali che si trovano a Padova» chiarisce Federica Luni, presidente dell’Appe, l’associazione provinciale dei pubblici esercizi di Padova «abbiamo esercizi e bar strutturati con parecchi dipendenti, mentre sono davvero pochi quelli a conduzione familiare molto diffusi nel resto d’Italia. Personale, servizio, varietà di scelta, anche solo dello zucchero o di altri aspetti, determinano un valore maggiore» spiega la presidente «dopodiché voglio ricordare che nel 2024 il costo del caffè è oscillato almeno sei volte. Si tratta di una materia prima che sul mercato incontra costantemente variazioni dovute al costo del trasporto, della lavorazione e non ultimo ai problemi climatici. Va da sé che il titolare di un bar provi, finché è possibile per lui, a calmierare il prezzo, poi però ci sono i conti da far quadrare, specialmente se l’attività è iper strutturata».
Insomma, gli aumenti e le variazioni rispetto alla media nazionale starebbero nella maggior qualità e ricercatezza dei baristi padovani.
«Voglio ricordare che a Padova c’è sempre stata una grande tradizione di torrefazioni e qualità. Il caffè, voglio sottolinearlo, non è un atto dovuto, ma un insieme di emozioni. È un momento in cui una persona decide di prendersi per sé e, se lo fa, ricerca qualità su tutto» sottolinea Luni.
Tra i fattori che avrebbero causato il rincaro della tazzina anche le abitudini mutate dopo il Covid: meno avventori sono ritornati al bar per fare colazione. «I costi di gestione sono elevati e purtroppo ci sono meno clienti. Spero che dieci centesimi non creino scompiglio tra gli affezionati» conclude Luni.
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