Il frate perseguitato da una donna parla in aula: «Non vivo più»

L’incubo per il religioso iniziato quando era in servizio alla Basilica del Santo a Padova. La deposizione in lacrime in Tribunale a Genova: «Anche sessanta chiamate al giorno in convento e finti profili Facebook»

Sabrina Tomè
La Basilica del Santo a Padova
La Basilica del Santo a Padova

Una deposizione lunga e sofferta quella del frate vittima della persecuzione di una donna ora 72enne, originaria del Belgio, a processo per stalking. Il religioso di 55 anni ha ricostruito lunedì 3 febbraio in aula a Genova l’incubo durato dieci anni. E iniziato quando era in servizio a Padova, alla Basilica del Santo.

Il racconto lo ha fatto tra le lacrime, tanto che il giudice ha interrotto più volte la deposizione. «Non vivo più, ho paura», ha detto il religioso, «Non so come, ma riesce sempre a trovarmi. In ogni convento, in ogni parrocchia dove vado». E ha spiegato come sia stata addirittura creata una squadra di preti per cancellare le cose che lei scriveva su Facebook.

Il diacono vittima di persecuzione ha raccontato nei dettagli il suo dramma: «Ero costretto a nascondermi. Non potevo sopportare tutto questo, mille chiamate sul telefono del convento. Sono stato costretto a cambiare numero di telefono».

E ancora: «Ha creato finti profili Facebook dove scriveva che aveva abusato di donne e bambini come se fossero mie dichiarazioni».

Per aiutarlo nel convento ligure di San Francesco di Albaro, dove la donna lo ha seguito dopo il trasferimento del 2021 da Bologna, avevano anche installato un apparecchio che bloccava le chiamate. Ma non è bastato: «Ogni volta lei cambiava numero e ricominciava. Ho avuto paura, la mia vita era in pericolo perché poteva mandarmi via dall’ordine».

Il frate prima era un uomo solare: «Ora si è bloccato tutto, non ho più fiducia nelle persone. Non riesco ad uscire, non riesco ad entrare in contatto con la gente. Mi sentivo in colpa perché in ogni convento dove andavo c’erano disgrazie era come se le portassi dietro. Ho iniziato ad avere attacchi di ansia. Si bloccava la gola e mi facevano le punture di cortisone Quale sarà il suo prossimo passo visto che anche se aveva il divieto di avvicinarsi a me mi ha seguito in tutti i posti dove sono andato? Mi aveva detto che mi avrebbe distrutto».

E la strategia per riuscirci, stando alle accuse, era ben definita: tempestarlo di chiamate, devastando lui e quanti gli stavano intorno.

Gli agenti della Polizia postale che hanno indagato sul caso hanno portato lunedì in aula le cifre della persecuzione: in circa tre settimane sono arrivate al convento di Genova 708 telefonate attribuibili a due diverse utenze della donna; ci sono state giornate con punte di 62 chiamate.

Una situazione che ha messo a dura prova non solo il religioso, ma anche le persone presenti nel convento. E di questo ha parlato l’arcivescovo Mario Tasca, chiamato sul banco dei testimoni. «Ho sentito le notti il telefono che squillava e alla mattina mi spiegavano che era stata questa donna. Vedo il nostro confratello estremamente provato, si sente responsabile perché tutta questa vicenda coinvolge la nostra comunità», ha detto tra l’altro.

La donna è già stata condannata a Bologna per stalking e calunnia oltre che per la violazione del divieto di crimine. La prossima udienza è prevista per il 17 febbraio e per quella data potrebbe arrivare anche la sentenza.

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