Padova, promossa a prof associato dal compagno
PADOVA. Il sogno nel cassetto di un dirigente medico dell’Azienda ospedaliera: da collaboratore dell’Università a professore associato. Un bel salto di qualità per una specialista della Dermatologia pediatrica che ha provocato qualche nervosismo in ambiente accademico. Già perché il presidente della commissione giudicatrice del concorso, per il posto di docente di seconda fascia, era un ordinario dell’università di Padova, classe 1947, che aveva formalmente attestato di non aver alcun conflitto d’interesse con i candidati.
Anzi, con l’unica candidata, quella dottoressa classe 1962. Peccato che la futura “prof” fosse la sua compagna. E, per giunta, convivente. La dimostrazione inconfutabile al di là di ogni ragionevole dubbio? Il loro doppio cognome sul campanello di casa in una centralissima via nel cuore del centro storico cittadino. E peccato che fosse socia, insieme a lui, di una quota della srl Cosmestudio, società di ricerca nel campo della biotecnologie. Il risultato? Tutto come nelle previsioni. La fidanzata ha vinto. Salvo successivo annullamento in autotutela di quel concorso. E il professore-innamorato, pardon l’ordinario, è finito sotto inchiesta per falso e abuso d’ufficio. Non solo: nei suoi confronti è stato avviato un procedimento disciplinare in ambito universitario.
È il dicembre 2016 quando viene bandita “la procedura selettiva per la chiamata di n.1 posto di professore di seconda fascia presso il Dipartimento di Medicina-Dimed per il settore concorsuale malattie cutanee”. È nominata la commissione giudicatrice: affiancato da due colleghi, il presidente dell’organismo chiamato a valutare i partecipanti è l’ordinario, specialista in Dermatologia e già al vertice della Scuola di specializzazione padovana. Nel febbraio 2017 si svolge la prova: all’insediamento della commissione, i componenti sono tenuti a sottoscrivere una dichiarazione in cui confermano di non avere conflitti d’interesse con i candidati. E di non trovarsi in situazioni per le quali c’è l’obbligo dell’astensione come previsto da due precise norme del codice di procedura civile (articoli 51 e 52) per garantire nell’accesso ai ruoli l’imparzialità di chi giudica. Norme che disciplinano il rapporto tra candidato e commissario. L’ordinario firma. Ma qualcuno non digerisce il risultato infastidito da quella vicinanza di fatto, risaputa nell’ambiente, eppure smentita dalle carte ufficiali. E così viene trasmesso un esposto (anonimo) al vertice dell’università e in procura. Il magnifico rettore investe chi di competenza per dare l’avvio al procedimento disciplinare; mentre il pubblico ministero padovano Sergio Dini apre un’inchiesta, affidata al Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza.
Ora il professore-commissario si ritrova indagato per falso e abuso d’ufficio. Nulla da eccepire sulle qualità professionali della dottoressa che lavora pure in un noto poliambulatorio dell’Arcella, vanta esperienze all’estero con importanti produzioni scientifiche, il coordinamento di progetti di ricerca e attività didattiche a Medicina: lo scorso dicembre la dermatologa ha partecipato al nuovo concorso, ottenendo giudizi molto positivi. Da parte di una diversa commissione, però. E, stavolta, il fidanzato non c’entra.
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