Come cambia il quartiere Palestro: dalle case ai giovani alla prima Zona 30
Viaggio nei quartieri di Padova. Qui batte ancora il cuore della Resistenza partigiana, la popolazione è per lo più over 65 ma è in atto un importante cambiamento sociale con sempre più case in affitto alle nuove generazioni

Il movimento al bar Palestro restituisce probabilmente la più realistica e aggiornata cartolina della vita che oggi attraversa il rione da cui l’esercizio sulla via principale prende il nome. Con le combriccole di anziani che senza bisogno di preavviso si aspettano per fare colazione o stazionare ad oltranza sotto un’insegna è rimasta ferma nel tempo. E i lavoratori residenti in zona che passano abitualmente per un espresso al volo.
Le mamme al bar Palestro portano i bambini a fare merenda mentre gli adolescenti frequentano banconi più moderni. I tanti giovani immigrati di seconda generazione, questo e quello.
A Palestro batte ancora forte il cuore della Resistenza partigiana, esperienza ancora saliente in quel fazzoletto di terra diviso in due da via Palestro, racchiuso tra via Sorio e via Vicenza, e protetto dalle parrocchie San Giuseppe e San Girolamo.
Si sente ancora qualcuno chiamare il quartiere la “Chinatown” di Padova, eppure cinesi non se ne vedono... «Circolano interpretazioni politiche e sociali sul perché. Qualcuno rimanda il riferimento all’architettura del principale edificio Ater: un formicaio abitato da moltissime famiglie, come se ne vedono in Cina», racconta Mattia Boscaro, qui in veste di Virgilio.
Dal 2012 guida l’associazione sportiva dilettantistica Quadrato Meticcio, «nata per salvare il campo da calcio in via Dottesio da un progetto di cementificazione e fare dell’impianto, oggi gestito assieme all’Asd Gianesini Calcio, un luogo di integrazione», spiega Boscaro. Sport, dopo-lavoro, corsi di italiano per stranieri, distribuzione di beni di prima necessità.
Negli anni lo spirito associativo su impulso di QR è diventato trasversale nel quartiere, che è appunto sempre più meticcio.

La popolazione è perlopiù costituita da over 65, di Palestro da generazioni, e fieramente residenti nelle prime case popolari erette. Ma il rione, che vanta abitanti affezionatissimi, è composito come la sua architettura. Nelle villette dai piccoli giardini curatissimi sta la classe più abbiente, eppure Palestro ha accolto negli anni un dentro e fuori di nuclei familiari con background migratorio. Alcune si sono stablizzarsi, altri hanno solo transitato.
«Faccio risalire una prima significativa trasformazione allo smantellamento del ghetto in via Anelli, che tra il 2007 e il 2009 ha portato a trasferirsi a Palestro una cinquantina di famiglie di origine soprattutto nigeriana, marocchina, rumena – ricorda Boscaro – poi, dopo il Covid, un esodo dovuto a difficoltà economiche o a opportunità più vantaggiose fuori, ha allontanato molti di questi neoresidenti. Contestualmente - aggiunge - 64 appartamenti dell’Ater sono stati liberati per ammodernamenti mai partiti, e in un attimo famiglie con bambini non hanno più frequentato i servizi». All’epoca nelle scuole alcune classi hanno fatto difficoltà a formarsi.
Nella terza trasformazione, secondo Boscaro siamo dentro in pieno, «con sempre più case in affitto a studenti depredati. I canoni di locazione e il prezzo al metro quadro saliti, per cui quando gli anziani non ci saranno più mi chiedo chi saranno i nuovi stanziali?».
Dati alla mano, non è elevatissima la percentuale di stranieri residenti a Palestro, anzi. «Registro un processo di gentrificazione mitigato da un tessuto di associazioni molto partecipato. Soprattutto - aggiunge il patron di Quadrato Meticcio, che quest’anno ha fondato la prima squadra di calcio di soli richiedenti asilo - le radici storiche legate alla Resistenza partigiana continuino a caratterizzare il rione. Chi ancora c’è non permette diventi un non-luogo, senza storia e identità, come ovunque altrove».
Qui è nata la prima zona 30

La zona 30 non tanto e non solo come misura che limita la velocità ma cifra di uno spazio urbano protetto a favore dell’incontro delle persone. Dove mandare i figli soli a scuola a piedi o in bici non sia pericoloso, e bere un caffè all’aperto non significa sostare in un parcheggio. Molto di Palestro è già in questa premessa fatta di traguardi tagliati e potenzialità, alcune ancora inespresse, ma chiarissime ai residenti. Alcune hanno ispirato il comitato Palestro 30 e Lode fondato nel 2015 da Nicola Bettiato.
Dieci anni dopo ne condivide i successi e le questioni aperte il referente Davide Guerini.
«Nasciamo sulla rivendicazione della zona 30 portata all’attenzione della politica e finalmente creata dall’amministrazione comunale in 400 metri quadrati all’interno della via dal 2019. Frena l’impatto negativo che la velocità su strada ha nel quartiere», ricorda Guerini per cui traffico e smog sono diminuiti, pedoni e ciclisti viaggiano più sicuri.
I cartelli affissi, però, «sono solo una parte del disegno di mobilità sostenibile, perseguita. Bene le chicane fatte a corredo per imporre di rallentare ai mezzi ma ai parcheggi realizzati da ambo i alti della strada suggeriamo di sostituire aiuole», dice, «Le auto in prossimità di attraversamenti pedonali e immissioni in carreggiata creano punti cechi ostici».
Il dialogo con la consulta di quartiere è costante e convoglia ogni argomento sul benessere psicofisico degli abitanti del rione. «Una condizione che non può prescindere dal verde». Il verde: quello da piantare dove non c’è, e l’esistente da valorizzare. Come nel “Giardino dei Gelsi”, in via Monte Cengio, altra battaglia che il comitato sostiene con l’associazionismo che costella il questa porzione di San Giuseppe. «A parte l’area cani, frequentatissima, quel giardino è tra i “buchi” del quartiere, e che vorremmo tornasse alla popolazione per svolgere attività all’aperto», chiarisce Guerini.
Palestro 30 e lode è tra chi ha provato a opporsi al maxi parco fotovoltaico progettato sotto l’insegna della riqualificazione dal Gruppo FS Italiane nell’ex stazione Campo Marte. «Nella restante parte, estranea all’intervento di Rfi, scongiuriamo speculazioni edilizie - continua il referente – lì insistono cubature importanti diroccate dove potrebbe sorgere una biblioteca di quartiere (più riaperta dopo la chiusura di quella in via Tripoli), ambienti ad uso civico arricchiti dal verde circostante da risistemare». Tutto in stand-by, come la ristrutturazione degli alloggi Ater, «sgomberati per lavori che non sono ancora stati fatti».
Altro tema in sospeso tra quelli a cuore del comitato è il rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale, affiorato proprio nell’area verde delle case Ater adiacenti alla piazzetta Caduti della Resistenza. «Un presidio di assoluta rilevanza storica, di memoria (ricordo che ci avviciniamo al 25 aprile), che chiediamo al Comune di non lasciare abbandonato», è l’appello di Guerini. Infine un traguardo segnato e uno da raggiungere. «La cabina telefonica trasformata in biblioteca e punto di bookcrossing, e il Pedibus, un’iniziativa che vorremo reintrodurre con le scuole, con l’aiuto dei genitori, ma per cui la parte infrastrutturale è da rifare».
Consigli su sanità e servizi, e pure ascolto psicologico
Dal viavai di anziani e ragazzi accolti in un solo paio d’ore, ascoltati, consigliati e confortati - uno alla volta - da medici neolaureati ed ex camici in pensione che non badano alle lancette sull’orologio. Davanti a questo sketch che appare già perfettamente oliato viene da chiedersi cosa aspettasse ad aprire la clinica popolare Azadi.

Dal 14 febbraio scorso in via Toselli 5 sembra la risposta che Palestro stava aspettando, recepita dall’associazione sportiva dilettantistica e di promozione sociale Quadrato Meticcio (che ha dato la sede) e dall’Assemblea Salute e Cura – Padova.
Le due hanno fondato il progetto spiegato sui fogli (scritti in italiano, inglese e francese) appesi all’ingresso del civico che è già un faro tra chi vive in zona.
Si legge: «Lettura e spiegazione di referti, orientamento ai servizi socio-sanitari del territorio, supporto per trovare una struttura gratuita adatta ai bisogni e per scegliere il medico di base. Consigli nella gestione o consultazione di terapie, sportello di ascolto psicologico».
La signora Liana Bosello, abita al piano di sopra, «per disgrazia in una casa dell’Ater dopo che le banche mi hanno portato via tutto».
Lo dice senza rancore, come un fatto, seduta in una poltroncina tra le varie che arredano la clinica popolare. Ora è più serena perché ha appena ricevuto dei buoni consigli sui dolori lombari che da qualche tempo le danno noia. La zip del piumino è chiusa ma non ha fretta di andarsene. L’atmosfera ad Azadi è frenetica in modo familiare.
«Apprezzo molto questa iniziativa e la disponibilità con cui viene gestita», spiega la donna, «Sono italiana ma ho trascorso la mia prima gioventù in Sud America. Pur nel massimo rispetto dei ruoli, lì il dottore è alla portata dell’essere umano che segue, nulla a che vedere con quello che ho vissuto da che mi sono trasferita al Nord Italia - dice - Qui ritrovo con sorpresa qualcosa di molto simile a quel modo di rapportarsi».
Sullo sfondo c’è l’esperienza vicentina dell’ambulatorio popolare Caracol Olol Jackson.
A Palestro, dov’è altissima la presenza di nuclei familiari in alloggi popolari, di anziani in ristrettezze economiche, di migranti di seconda generazione, si spalleggiano medici pensionati e giovani professionisti freschi di laurea al Bo. Ad animarli è la stessa luminosa intenzione, forse la più pura in chi esercita questa professione.
«L’intenzione è ridare senso e significato alla cura di prossimità per rispondere ai bisogni di salute che il sistema nazionale fatica a coprire capillarmente nel territorio», racconta Camilla Previati, educatrice e vicepresidente di Quadrato Meticcio, «Non vogliamo scavallare ma supportare l’accesso ai servizi sanitari pubblici, in un sistema che è sempre più incline alla privatizzazione, e risulta distante per tanta parte della popolazione».
Sono parte della squadra due fisiatri, un neurologo, una dottoressa medico dello sport e una ginecologa, tutti pensionati. Una cardiologa ancora in attività e due neolaureati. «Non mancherebbe la voglia di impegnarsi anche da parte di tanti specializzandi - aggiunge Camilla - ma i ritmi che sono costretti a tenere in corsia, frutto di uno scenario di collasso, non lasciano spazio al volontariato».
«Promuoviamo un modello di medicina generale che colmi l’abbandono provato soprattutto da anziani e stranieri, marginalizzati per timore, sfiducia, barriere linguistiche», racconta Filippo Pigato. Lui si è laureato nel 2022 all’università di Padova e da allora ha operato sul campo come sostituto medico di base e in case di riposo. Ora offe il suo supporto in clinica popolare.
Altrettanto danno Alessandro Boccignone ed Elda Bragato, marito e moglie. «Dopo una vita in ospedale, riscopriamo il mestiere», confessano, «Il servizio sanitario nazionale, sempre più aziendalistico, volge a un modello prestazionale che non considera più la presa in carico paziente, qui vale l’opposto».
I nodi da risolvere
«Sono più le volte in cui qualcuno per strada ti ferma per un saluto, che non quelle in cui si fila dritto a casa». Sul futuro di Palestro Andrea Lion ci crede e sommette. Nato e cresciuto tra via Divisione Folgore e via Monzambano, ora che ha 35 anni continua ad abitare nel rione con la moglie e due figli piccoli. Da novembre, presiede la Consulta di quartiere 5B, raccordo tra le unità urbane di Sacra Famiglia, Palestro e Porta Trento nonché ponte con l’amministrazione comunale.
Presidente, in cima ai nodi da risolvere a Palestro cosa mette?
«Due su tutti. Il primo è il futuro di Campo di Marte, in parte convertito in parco fotovoltaico da Rfi e dove resta il tema insoluto, che ha radici nel passato, dei circa 35 mila metri quadrati delle ex officine e capannoni abbandonati. Spazi che rappresentano una possibilità di rigenerazione urbana al momento arenata».
E il secondo qual è?
«Le case Ater. Edilizia popolare ancora oggi in fase di ristrutturazione e che chiede a gran voce di essere conclusa e riassegnata. Evitando lo spauracchio della messa all’asta, gli alloggi in questione è giusto che tornino alle famiglie che da lì sono state allontanate in fretta e furia, tanto più vista l’emergenza abitativa che affligge la città. Non da ultima, l’area verde di via Peschiera riconsegnata alla cittadinanza poco più di un anno fa e oggetto, tramite la consulta, di un percorso partecipato per individuare la destinazione più opportuna».
Come descriverebbe l’anima di Palestro?
«Una città nella città che racchiude diverse anime, età a provenienze eppure mantiene forte il senso di appartenenza al luogo. Qui l’età media è avanzata, molti residenti stanno dove vivevano i nonni, nelle prime abitazioni costruite a inizio Novecento. Ma questo non preclude la convivenza di sensibilità diversissime, anzi. Forse la cosa più bella di questa porzione di Padova è quanto la popolazione stia dando in termini di volontariato e impegno per il sociale».
Ci faccia qualche esempio?
«I dintorni di piazza Caduti della Resistenza parlano da sé. Nel raggio di pochi metri si trovano l’Asd Quadrato Meticcio, Legambiente, AES-CCC, l’Auser Savonarola Gruppo Palestro, Anffas, Anpi, PG lab per citare solo alcune delle realtà sorte spontaneamente al servizio degli anziani, delle donne e degli stranieri. Tanti volti del Terzo Settore a cui dobbiamo aggiungere senz’altro la forza delle parrocchie San Giuseppe e San Girolamo, e il mondo sportivo. Emerge la voglia di costruire qualcosa assieme».
Tornando a parlare di edilizia, quella privata offre opportunità ai giovani?
«Non è un quartiere semplice da approcciare per una prima casa, il nuovo oggi qui non c’è, lo sviluppo residenziale è quasi completo. A fronte di un acquisto vanno messi in preventivo importanti costi di ristrutturazione. I prezzi sono inoltre influenzati dalla vicinanza alla prima cintura fuori dalle mura del centro».
Servizi di vicinato ce ne sono?
«Tutti quelli che servono si trovano alla portata di mano. A partire dalle scuola: ci sono un asilo, due elementari e una superiore. Non mancano parco giochi, caffetterie, edicole, fruttivendoli, puliture a secco e forni. L’architettura è fedele a quello che è stato lo sviluppo urbano, scarseggia il verde pubblico. Ma a dispetto di un territorio totalmente in divenire, Palestro è come un adulto. Ha grandi trasformazioni alle spalle e su questa memoria continua a fonda la propria identità».
Viaggio nei quartieri
Raccontiamo pezzi di città da nuovi punti di vista: dalle iniziative che nascono dal basso alle proposte e alle persone che distinguono un territorio da un altro.
Una chiave di lettura che permetta a ciascuno di scoprire casa propria e la casa dei vicini. Per questo la vostra collaborazione è fondamentale: segnalateci all’indirizzo lettere@mattinopadova.it le vostre storie di quartiere per renderle assieme grandi storie di città.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova