«Padova Tre, accuse tutte fondate»

Il Riesame: «Non c’è rischio di reiterazione del reato, ma restano i gravi indizi di colpevolezza»
Este (PD), 25.02.2016 ph. Zangirolami. Sede Consorzio Padova Sud-Padova Tre in via Rovigo 69. Nella foto:
Este (PD), 25.02.2016 ph. Zangirolami. Sede Consorzio Padova Sud-Padova Tre in via Rovigo 69. Nella foto:
ESTE. Mancano la concretezza e l’attualità del bisogno cautelare, ma è confermato in toto l’impianto accusatorio: è questa la conclusione in base alla quale il Tribunale del Riesame ha respinto il ricorso della Procura di Rovigo rispetto al diniego del gip sulle misure cautelari richieste nei confronti di Simone Borile, Stefano Chinaglia e Stefano Tromboni nell’ambito dell’inchiesta sulla società dei rifiuti Padova Tre. Dall’ordinanza del Riesame emerge in maniera cristallina il fatto che, pur mancando i presupposti per la custodia cautelare in carcere per i primi due e gli arresti domiciliari per il terzo, questo non intacchi minimamente le accuse nei loro confronti.


«Il Collegio» si legge nell’ordinanza, «pur dando atto della pluralità dei beni giuridici offesi e della durata nel tempo della condotta, non può che prendere atto dell’assenza di elementi oggettivi da cui desumere la concretezza e l’attualità del bisogno cautelare, questo in ragione sia del lasso di tempo sicuramente non modesto intercorso dai fatti che in ragione dell’allontanamento degli indagati dal contesto delinquenziale di riferimento». In sostanza: i tre non sarebbero nelle condizioni di reiterare i reati dal momento che Borile, Chinaglia e Tromboni non sono più nella
governance
della società. In particolare Borile, che di Padova Tre è stato vice presidente e direttore oltre che presidente del Consorzio Padova Sud, e Chinaglia, che della società era presidente, hanno cessato le cariche nel 2015, mentre Tromboni risulta dimesso dall’incarico di direttore generale del Consorzio Padova Sud nel novembre del 2016. Rimangono quindi i gravi indizi di colpevolezza, ma non le esigenze cautelari.


Nell’ordinanza i giudici del riesame “riabilitano” l’impianto accusatorio del pubblico ministero Davide Nalin nel punto in cui il gip del tribunale di Rovigo l’aveva invece contestata. La Procura - così come desunto dalle puntigliose indagini svolte dalla Guardia di finanza di Padova - aveva correttamente distinto il reato di truffa da quello di peculato. In particolare, Borile, Chinaglia e Tromboni sono accusati di truffa ai danni dei cittadini ai quali sono state fatturate bollette per i rifiuti con importi superiori a quelli effettivamente dovuti. Il “maggior bollettato” è stato determinato grazie alle puntuali ricostruzioni contabili della Guardia di finanza di Padova in almeno 10 milioni di euro. Su Borile e Chinaglia pesa anche l’accusa di peculato “per essersi costoro appropriati nella loro qualità di incaricati di pubblico servizio, avendone in ragione del proprio ufficio il possesso o comunque la disponibilità, di denaro provento del pagamento delle bollette che in parte doveva essere versato alla Provincia di Padova immediatamente dopo la riscossione a titolo di imposta Tap (Tributo ambientale provinciale, ora Tefa) per un importo complessivo di 3 milioni 520 mila euro per gli anni 2013, 2014 e 2015”.


Insomma, le accuse restano. Pesanti. E la prospettiva è che se ne aggiunga una ancora peggiore: il fallimento di Padova Tre dichiarato lo scorso ottobre, infatti, ha spalancato la porta verso la contestazione della bancarotta, ipotesi sulla quale si starebbe già lavorando.


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