Parisse e la bestemmia in tv

Se per Sergio Parisse fosse come per Manuel Agnelli, cantante degli Afterhours, che in “Male di miele” graffia: “La grandezza della mia morale, è proporzionale al mio successo”, il giocatore della nazionale di rugby da sabato sarebbe un buon candidato per l'inferno.
Infatti l'episodio delle sue due saracche tirate in spogliatoio prima del match Italia-Francia ci ha rivelato un gran segreto: il gran capitano, bestemmia... Attenzione: non “ha bestemmiato”, come scrivono un po' a dritta e a manca, ma “bestemmia”, che è diverso. È come se uno fuma o beve, non è che si dice: “Ha bevuto” o “Ha fumato”, no, no, te o fumi o non fumi, quali storie! Bene, lo stesso succede con la bestemmia: o sei uno che sacramenta o sei uno che non sacramenta, non c'è via di mezzo. E il capitano lo sa benissimo, perché ha subito cercato di giustificarsi non per uno sdrucciolone momentaneo ma andando addirittura alle sue origini: “5 anni in Veneto han lasciato il segno.” Ma c'è un po' da capirlo: se ti scappa un moccolo in pubblico in Italia, sei marchiato a vita e da spedire subito a disintossicarti presso un gruppo d'aiuto dei “Bestemmiatori anonimi”.
Nove anni in Russia mi fanno spesso riflettere sul concetto di moralità, ben presente anche da queste bande, anche se in modo e toni diversi. Perché qui, come in molti altri paesi, il tema entra di rado in quel territorio da noi delicatissimo, la religione. In Italia infatti mentre “cazzo”, “vaffanculo”, “merda” posson essere tranquillamente ascoltati (anche se quasi mai letti, visto che spesso i giornalisti scaricano a noi la responsabilità di sostituire con lettere gli asterischi tipo Settimana Enigmistica), tutto quello che tocca la religione viene bandito (si pensi all'espulsione dal Grande Fratello 14 di Guido Genovesi o all'ostracizzato Mosconi). La parola moralità viene dal latino e significa “costume”, nel senso originale del termine che era “abitudine”. Quindi è il codice che indica un comportamento ricorrente, una regola, gli usi essenziali per la sopravvivenza. Interessante che solo poi, in Francia, il termine venne a essere inteso proprio come “indumento”. E ancor più interessante pensare a definizioni ad esso legate, come “Usi e costumi”, “Polizia buon costume”, “donna dai facili costumi”, “scostumato”...
Le regole da noi, insomma, raccomandano di non bestemmiare in pubblico per mantenere lo status quo della società. Curioso che in altri paesi non è che la gente si tenga più a freno, no: è che la bestemmia proprio non esiste! E la semplice associazione di un animale a Dio, viene più intesa come un curioso richiamo a strane divinità egizie o indiane, che come esclamazione barbara.
In definitiva, caro Parisse, dài, non serve attaccare il Veneto come se fosse l'unica regione italiana dove si bestemmia. Prova a fare un saltino in Toscana. Se ci vai, mi raccomando, acqua santa, crocifissi a manico e Bibbia sempre in tasca. E nella Marche, ci sei passato? Dicon che lì non ci sia mai voluto metter piede manco l'Esorcista. Ora, però, a me ora viene un dubbio intrigante: il calcio decisivo con la Francia, sabato, lo hai sbagliato proprio tu, condannandoci.
Incredibilmente. Inaspettatamente. Inspiegabilmente. A meno che...: non è che magari ora si scopre che Dio è veneto e ci ha messo lo zampino...?
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