Paziente in stato vegetativo: il medico sarà processato

È accusato di avere sbagliato l’anestesia e di non aver poi controllato la donna che ora è in coma irreversibile. I consulenti: «Con cure immediate poteva salvarsi»
POLETTO - FOTO PIRAN - TREBASELEGHE - ALCHERIO POIANA
POLETTO - FOTO PIRAN - TREBASELEGHE - ALCHERIO POIANA

TREBASELEGHE. Lesioni colpose gravissime nei confronti di una donna ridotta in stato vegetativo. E violazione del Testo Unico in materia sanitaria che prevede l’autorizzazione per aprire e gestire un ambulatorio specialistico dove siano praticati trattamenti e operazioni invasivi. Una violazione contestata nei confronti di ben nove pazienti.

Ecco le accuse che porteranno a processo l’ex primario dell’Anestesia e Rianimazione dell’ospedale di Cittadella, il dottor Alcherio Pojana, 67 anni, residente a Trebaseleghe in via Villanova 22.

Sempre a quell’indirizzo si trova l’ambulatorio nel quale il 29 gennaio 2015 è finita in tragedia l’anestesia peridurale eseguita sulla signora di 73 anni che da allora non si è più svegliata: a causa di imprudenza e imperizia – sempre stando all’accusa – l’iniezione anestetica, precedente alla somministrazione di cortisone, ha perforato la dura madre, membrana che avvolge il midollo spinale all'interno del canale vertebrale. Ora il pubblico ministero padovano Francesco Tonon ha chiuso formalmente l’indagine e si prepara a chiedere il rinvio a giudizio del medico che, interrogato dai carabinierti del Nas il 9 giugno scorso, ha respinto ogni responsabilità. E ha negato che funzionasse quell’ambulatorio, privo dei requisiti richiesti: «Lì custodivo solo documentazione sanitaria, mentre l’attività libero professionale la svolgo in un poliambulatorio a Tezze sul Brenta. A Trebaseleghe ho solo ricevuto amici e conoscenti per qualche consiglio».

E la signora in coma irreversibile? «Le avevo praticato qualche peridurale in ospedale. Poi il 29 gennaio mi telefonò. A seguito della sua insistenza, ho mio malgrado accettato di incontrarla a Trebaseleghe più vicino a casa sua (la donna, spagnola d’origine, viveva a Galliera). Quel pomeriggio confermo di averle praticato l’iniezione». Un’iniezione, a suo dire , nel rispetto del protocollo: «Non si può parlare di errore, ma di una complicanza descritta in letteratura medica» ha puntualizzato, aggiungendo che «per l’eccezionalità del caso non avevo chiesto compensi».

Precisazione smentita agli investigatori dalla figlia della vittima: «Il medico chiedeva dai 200 ai 250 euro a trattamento, ma sapendo delle condizioni di salute di mia madre, assicurava di farle bene, solo 100 euro a iniezione».

Qualche ora più tardi la 73enne era stata colta da malore prima di una crisi cardio-respiratoria fatale. Il consulenti Santo Davide Ferrara e Giampietro Giron hanno individuato nella condotta del dottor Pojana un errore tecnico nell’esecuzione dell’anestesia con la perforazione della dura madre. Perforazione che avrebbe causato una rachianestesia totale (un blocco spinale totale per la diffusione dell’anestetico). E anche un errore prognostico per aver omesso il monitoraggio della paziente e, di conseguenza, le immediate cure destinate a salvarle la vita: «Un trattamento terapeutico tempestivo fin dall’insorgenza dei primi segni clinici... esauriti gli effetti dell’anestetico locale... avrebbe ottenuto la completa restitutio ad integrum» si legge nella consulenza.

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova