Per sempre addosso: defunti sulla pelle, boom di tatuaggi

Dai nonni mai dimenticati al figlioletto morto dopo la nascita, dal proprio cane al campione del cuore. Dolori e ricordi indelebili, impressi sul corpo da un artista padovanodel tattoo

MASERÀ. I brividi sulla pelle, per sempre. I volti dei propri cari, dei nonni defunti, di un bambino morto troppo presto, di un cane ucciso. Viene definito “ tatuaggio celebrativo” e indica la tendenza a incidere sulle parti del corpo i volti o i nomi di chi non c’è più.

Così un ragazzo di 30 anni di Saonara due mesi fa si è rivolto a Paolo Buongiovanni, 43 anni, tatuatore padovano in arte “Bongio”, chiedendo un tatuaggio grande come tutta la schiena con i due nonni defunti. «Non li ho mai conosciuti, per la mia famiglia sono stati molto importanti, voglio portarli sempre con me». Da quella richiesta, da due foto d’epoca, da un’idea generale di paradiso con gli angeli e lucchetto per aprire i cancelli del cuore, è nato il tatuaggio. Jacopo, così si chiama il trentenne di Saonara, ci ha pensato a lungo e poi si è deciso: «Ho perso mio nonno quando avevo tre mesi e mia nonna quando avevo sei anni. Hanno fatto molto per la mia famiglia e non mi sono mai rassegnato al fatto di averli persi così, senza poter fare nulla, senza conoscerli meglio. Ora con questo tatuaggio mi sembra di averli accanto in ogni momento».

Ma le storie sono moltissime. C’è anche la giovane famiglia che ha già dovuto dire addio a due bambini dopo pochi mesi di vita. Il papà si è rivolto a “Bongio” e gli ha chiesto di disegnare una famiglia di leoni (padre, madre e leoncino) che guarda due stelle in cielo (i figlioletti morti). Sentimenti, dolori, simbolismo.

C’è anche chi piange un cane pit-bull ucciso a bastonate dal vicino e che per questo decide di incidere il muso sulla coscia. Passato, presente e futuro: in una spalla i volti dei figli in fasce, nell’altra il ritratto del papà che non c’è più con la divisa da militare. O la mamma ritratta in una foto anni Cinquanta, quand’era giovane e bella. Il papà ai tempi del servizio militare negli alpini.

Piccole opere d’arte individuali, l’amore che si mescola al sangue e all’inchiostro, un modo per cercare di metabolizzare una perdita, per renderla meno dolorosa, per fissare un momento in modo indelebile. Siamo oltre le foto e anche oltre il necrologio. Sembra più un rito tribale, che però in questi ultimi anni sta prendendo sempre più piede. Sono calati a vista d’occhio stelline, cavallucci marini e draghi e hanno preso piede i ricordi. Ora la differenza la fa il tatuatore e non tutti accettano l’impresa. C’è anche chi, di fronte alla foto di un defunto, ringrazia il cliente e rifiuta. L’errore non è ammesso. Con i sentimenti non si scherza.

Buongiovanni ha a studiato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, in gioventù si guadagnava da vivere facendo i ritratti di strada ai turisti e ora, a 43 anni, può dire di aver tatuato oltre 60 mila persone. Titolare del Bongio Tattoo Studio di Maserà, è qualcosa di più di un semplice tatuatore. È un artista che ha deciso di lavorare su tele viventi. «I clienti sono sempre più esigenti ma spesso totalmente privi di fantasia. Quindi si affidano totalmente alla mia interpretazione e a quello che sarà poi il taglio artistico del tatuaggio, riconoscendo così la capacità di andare decisamente oltre il semplice lavoro da catalogo come la stellina, la farfallina o le iniziali del nome. I clienti vengono qui in studio ci raccontano la loro storia, ci portano magari delle immagini legate a dei ricordi particolari e ci chiedono di sviluppare attraverso un disegno la loro idea. Spesso quindi alla fine si crea anche un legame tra tatuatore e cliente poichè è come se mettessero a nudo una parte di loro stessi. Una parte un po’ particolare, che vogliono mostrare al resto del mondo o semplicemente portarla addosso e potersela guardare, per non dimenticare». Tanto per fare un esempio, il trentenne che si è tatuato sulla schiena la foto dei nonni si è presentato da Bongio con due foto dicendo: «Hai presente lo spot del caffè ambientato in paradiso? Vorrei una cosa del genere con i volti dei miei nonni».

«Non ho mai avuto timore di fronte alle richieste di un cliente», rivela il tatuatore, «ho sempre fatto ritratti su tela. Farlo sul corpo non cambia poi molto». Qualche anno fa da Bongio si è presentato un ragazzino di 18 anni che aveva visto la madre morirgli tra le braccia stroncata da un infarto. Era stato da cinque tatuatori con un primo piano della donna da imprimere in una scapola ma tutti si sono rifiutati. Tutti tranne Bongio. «Dopo anni di disegni tribali, stile che non fa parte della nostra cultura occidentale o ancora dopo anni e anni di traditional tattoo che invece rispecchia lo stile americano e poi i classici giapponesi, forse oggi possiamo dire che una certa nicchia di tatuatori sta cercando di creare uno stile che più si avvicina alla nostra cultura italiana ed europea», riflette Buongiovanni.

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