Pestato a morte, l’Assise nega l’abbreviato al killer
VIGONZA. La Corte d’Assise ha negato l’abbreviato condizionato a Dragan Miladinovic, 28enne serbo di Santa Maria di Sala, accusato di aver pestato a morte Matteo Venturini, 38 anni, trovato la notte tra il 16 e il 17 febbraio 2017 mentre annaspava nelle acque del Tergola a Pionca di Vigonza. Si procederà al dibattimento con l’acquisizione e l’utilizzabilità di tutti gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, in tal senso c’è stato l’accordo tra le parti. Il 30 maggio è in programma l’esame dell’imputato, il primo giugno le richieste del pm e l’arringa del difensore, l’avvocato Andrea Frank, il 7 giugno la sentenza. Nessuno si è costituito parte civile. L’avvocato Frank aveva chiesto l’abbreviato, come detto non concesso, subordinato a diverse testimonianze e ad una perizia su alcune telefonate intercettate, oltre ad un esame del Dna su alcuni reperti. Matteo Venturini indossava jeans, un maglione e un giubbotto, l’identificazione era avvenuta grazie al portafoglio trovato in tasca dove c’erano solo i documenti. Il volto era ridotto a una maschera di sangue. Inutili i soccorsi: un paio d’ore più tardi era morto nel pronto soccorso dell’ospedale. Nelle prime ore l’episodio era stato scambiato per un suicidio e pure per un incidente stradale. Poi fu il certificato del medico legale a dare una svolta a quella morte a dir poco strana. La serata fu ricostruita fin dall’inizio e le indagini si spostarono anche su Miladinovic, assieme ad altri soggetti risultati poi estranei. «Non ho ucciso Matteo. Noi due eravamo amici. Tra noi c’erano affari di droga: avevamo un debito di 12 mila euro con due albanesi che, quella notte, ci hanno aggredito. Io sono riuscito a scappare. Lui, no. Sono stati loro ad ammazzarlo» aveva dichiarato al magistrato pochi istanti prima del suo arresto. Ci sarebbe poi una frase contestata, intercettata. Miladinovic parla con un familiare e direbbe: «Cosa vuoi che faccia, che vada a costituirmi?», tradotta, con «Ora vado a costituirmi». Poi avrebbe ammesso di aver perso la testa. Ma era su questa traduzione che il legale aveva insistito, assicurando che c’era stata una errata traduzione. Più che errata troppo spostata sulle tesi della procura. Ora comunque si procederà al dibattimento con le prove agli atti, che comunque non sono poche.
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