Piazzola, un infarto stronca infermiera di 39 anni

Elena Zampieri dal 2003 era nella Lungodegenza dell’ospedale di Camposampiero, viveva il lavoro come una missione

PIAZZOLA SUL BRENTA. Il cuore di un’infermiera che si donava totalmente agli ammalati si è fermato per sempre. Un malore improvviso e crudele ha stroncato l’esistenza e la generosità sconfinata di Elena Zampieri.

Viveva a Piazzola, aveva 39 anni, dal 2003 lavorava all’ospedale di Camposampiero nel reparto di Lungodegenza. Dove era amata da tutti, perché interpretava la sua professione come una missione, senza mai tirarsi indietro: notti, assistenza, presenza, attenzione.

Un lavoro di cura fra i più preziosi, su cui si accendono i riflettori solo a momenti alterni, come nel caso del Covid-19. Il dramma si è consumato venerdì, nell’abitazione di Piazzola dove viveva con i genitori. Non c’è stato alcun preavviso, non è stato possibile fare nulla per salvarla. Lascia mamma Iole, papà Giuseppe, le sorelle Evelin e Romina.

L’Usl 6 le ha dedicato un toccante ricordo, unendosi al dolore della famiglia; superati in poche ore i mille like, centinaia i commenti, che svelano in parte l'umanità che l’infermiera aveva saputo seminare: «Elena voleva essere un’infermiera completa. E per lei essere un’infermiera significava lavorare in una corsia con un carico assistenziale pesante perché è proprio lì che sapeva di poter offrire di più. Per lei essere infermiera significava lavorare di notte rifiutando proposte di turno diurno, dare la priorità assoluta alla professione, alle persone, al suo reparto, dove la necessità e la richiesta di aiuto è a livelli altissimi. Così», continua il ricordo dell’Usl, «Elena si è costruita una famiglia numerosa, fatta di pazienti che l’attendono e di colleghi che la stimano. Il suo reparto, ora così silenzioso e buio, è in lutto con noi tutti. Quando si perde un’infermiera come lei tutto l’ospedale piange, ma lei rimane lì, a sgambettare in quel lungo corridoio, in mezzo a tutti noi, ad aiutarci ed aiutare. Ancora e ancora».

«Elena» ricorda la sorella Romina, «era una brava infermiera, che ha sempre fatto il suo lavoro con amore. Stava bene, nulla lasciava immaginare quanto è successo. Il suo lavoro era curare gli altri, giovani o meno giovani: adorava aiutare, non diceva mai no. Era una persona discreta, riservata, determinata nelle sue idee e disponibile».

Nel suo profilo Facebook Elena amava condividere il senso di ciò che faceva, spiegava il fascino della divisa dell’infermiere sulla quale «ci sono» ha scritto pochi giorni fa « il sangue, il sudore, la paura di sbagliare, il coraggio di osare, l’ultimo tocco di una mano morente, la stretta di una mano che lotta per la vita». Esprimeva le sue idee, sul social ha ribadito l'urgenza di tenere un’attenzione alta sul Covid-19, le piaceva la metafora della “guerriera”. Citava Ezio Bosso e Giovanni Falcone, Erri De Luca e Oriana Fallaci, ed aveva la street art di Banksy nella foto profilo. Scriveva: «Penso che lottare per ciò in cui credi fortemente non sia mai un errore e porterà sempre al bene. Non siamo eroi, abbiamo scelto di essere infermieri». Domani alle 19.30 il rosario nella scuola dell’infanzia Sacro Cuore di Gesù, il funerale martedì alle 17 in cimitero a Piazzola.

 

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