Piccola Villa di Villa il borgo rurale che diventa Estense dopo l’Unità d’Italia

FRANCESCO JORI
Una piccola parte di una grande dote nuziale. Le dimensioni, le rivela il nome stesso del paese: “villa” viene dal latino e indica un caseggiato di campagna, un piccolo paese rurale, una borgata. Per giunta, nel nostro caso c’è il raddoppio: la località si chiamerà infatti Villa di Villa per secoli, fino al passaggio sotto il Regno d’Italia, quando nel 1867 si deciderà di attribuirle l’appellativo Estense per evitare confusioni con gli omonimi centri del Bellunese e del Trevigiano. Il toponimo, oltretutto, sembra riflettere anche il tipico impianto urbanistico del paese, basato su una disposizione sparsa delle case, anziché sul classico nucleo centrale attorno al quale si organizza il resto degli edifici.
Quanto alla dote nuziale, anche Villa rientra in quella che porta con sé Cunizza, quando nel 1026 si sposa con Azzo d’Este: un’amplissima estensione territoriale detta Corte Elisina, che si estende anche ai comuni di Solesino, Vescovana, Sant’Elena e Granze. Successivamente, nell’arco di poco più di un secolo una serie di terre di pertinenza di Villa compaiono in vari documenti di assegnazione o di donazione: il nome della località compare in atti sottoscritti dall’imperatore Enrico IV in favore di due esponenti della Casa d’Este, Folco e Ugo; da Azzo e Folco d’Este a beneficio dell’abbazia di Santa Maria di Carceri; del marchese Bonifacio allo stesso monastero; e da ultimo, nel 1177, dell’imperatore Federico Barbarossa, stavolta come donazione a un’altra celebre abbazia del luogo, quella della Vangadizza in Polesine, a Badia. In quest’ultima attestazione si fa cenno anche della presenza di una pieve, quindi di una chiesa di una certa importanza, dalla quale ne dipendono altre a Carmignano, Angarano, Correzzo e Passiva.
le tracce romane
Tracce di insediamenti probabilmente di epoca romana sono state trovate anche in località Grompa, sull’argine sinistro del canale Mesina: qui sono stati rinvenuti cocci e materiali che sembrano testimoniare la presenza di un nucleo abitato dell’epoca, favorito dalla vicinanza del corso d’acqua. Nel Duecento viene eretta una chiesa, intitolata a Santa Colomba, ma ripetutamente danneggiata dalle inondazioni che si verificano in una zona ricca di presenze fluviali e di paludi, prima della bonifica attuata dalla Serenissima, al punto che verso la metà del Quattrocento viene abbandonata. Il vescovo di Padova Pietro Barozzi arriva da queste parti nel 1489, nell’ambito di una sua visita pastorale nella Bassa, e la trova in condizioni a dir poco disastrose: non c’è praticamente il tetto, il pavimento è in terra, manca ogni traccia d’intonaco. Insomma, un rudere fatiscente.
chiesa cadente
Il ruolo di parrocchiale viene rivestito dall’antica pieve di Villa, ma anche questa chiesa subirà con il passare del tempo un vistoso degrado, al punto che la Serenissima, giunta ormai pressoché alla fine della sua millenaria vicenda, nel 1793 decide di cederne la proprietà agli abitanti del paese: i quali, legati a quel luogo da un rapporto ancestrale, si impegnano per farla ricostruire, nella versione giunta fino a noi.
La presenza veneziana è comunque importante per la zona, in particolare per i molti lavori eseguiti per bonificare le terre e controllare il regime dei corsi d’acqua. —
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