Piena assoluzione per il chirurgo Siliprandi

Quattro anni e mezzo tra accertamento penale, indagine, decreto penale di condanna e, finalmente, la conclusione del processo. Con una sentenza di piena assoluzione (tecnicamente “per non aver commesso il fatto”) pronunciata dal giudice padovano Chiara Bitozzi. È andata bene per il professor Luca Siliprandi, 58 anni, apprezzato specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, finito sotto accusa per il reato di concorso in esercizio abusivo della professione infermieristica. Ieri l’arringa della difesa (l’avvocato Davide Pessi), poi l’ultima e definitiva parola del giudice che ha chiuso la vicenda giudiziaria, sempre troppo lunga, iniziata il 15 aprile 2010 con un’ispezione dei carabinieri del Nas nella Clinica Cittàgiardino, in via Piccoli, di cui Siliprandi è proprietario e dove opera. L’obiettivo? Verificare i titoli professionali di dipendenti e collaboratori. Con il medico, titolare e direttore sanitario della clinica privata, finisce nei guai Claudio Cappellari, 66 anni di Ponte San Nicolò, un passato trentennale di infermiere professionale nell'Azienda ospedaliera di Padova in quasi tutte le sale operatorie (dal 1973 al 2003) poi, una volta in pensione, una collaborazione con la clinica privata. Sorpresa: nonostante il diploma di infermiere e l’onorata carriera in un ospedale pubblico, Cappellari non risulta iscritto all'albo Ipasvi (Infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia) come imposto da una vecchia normativa per esercitare l’attività infermieristica da libero professionista. E, nei confronti di entrambi, l’indagine si chiude con un decreto penale di condanna al pagamento della sanzione di 300 euro. Il professor Siliprandi, però, decide di impugnare quel decreto, scegliendo di affrontare il processo. Un processo al termine del quale l’assoluzione viene sollecitata anche dalla pubblica accusa, il vice procuratore onorario Paolo Tietto. Nel corso dell’arringa il difensore, l’avvocato Pessi, aveva rilevato il fatto che Cappellari, diplomato infermiere professionale, esperto strumentista con un rapporto di lavoro occasionale con la “Cittàgiardino”, lavorava nella clinica a contatto con il chirurgo in sala operatoria e non “trattava” con i pazienti. Il legale ha citato una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione nel 2008 che non aveva ravvisato l’esercizio abusivo della professione infermieristica quando l’infermiere, pur non iscritto all’albo, operava in libera professione ma non a contatto con i pazienti. Un requisito formale, quello dell’iscrizione all’Ipasvi, reclamato per disciplinare e controllare l’attività di chi lavora in regime di libera professione.
Cristina Genesin
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