Pietre d’inciampo il ricordo al Ghetto

La cerimonia con il sindaco in memoria delle vittime padovane del nazifascismo a pochi giorni dalla ricorrenza del 27 gennaio
MALFITANO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - POSA DELLE PIETRE DELLA MEMORIA, VIA SAN MARTINO E SOLFERINO
MALFITANO - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - POSA DELLE PIETRE DELLA MEMORIA, VIA SAN MARTINO E SOLFERINO

«Ideologia malata». Così il sindaco ha definito nazismo e fascismo, ossia i due movimenti sociali e politici, considerati i principali responsabili del genocidio degli ebrei avvenuto prima e durante la seconda guerra mondiale. Ieri mattina, in pieno Ghetto, si è svolta per la seconda volta la cerimonia “Le pietre d’inciampo”, in memoria delle vittime padovane tra gli ebrei, e a pochi giorni di distanza dalla ricorrenza internazionale prevista per il 27 gennaio. Le pietre d’inciampo sono piccoli monumenti a ricordo degli ebrei deportati vittime della Shoah, incastonate sulla strada o sul marciapiede antistante la loro abitazione. Un’idea nata dall’artista tedesco Gunter Demnig, che ieri ha curato personalmente l’installazione delle pietre in via San Martino e Solferino e via Roma per ricordare: Eugenio Coen Sacerdoti, la moglie Amalia Dina, Graziella Viterbi, Oscar Coen, Gemma Bassani e Marcello Levi Minzi, tutti internati nel campo di Vo’ (quarantasette furono gli ebrei padovani deportati durante la Shoah, di cui solo tre tornarono, fonte Wikipedia).

«Erano padovani come lo siamo noi. Erano membri della nostra comunità. Come noi vivevamo in questa città, collaborando al suo sviluppo e contribuendo armoniosamente al progresso sociale, in uno scambio reciproco con gli altri concittadini. Scambio che un’ideologia malata ha interrotto, a scapito di tutti» ha detto il primo cittadino durante il suo discorso. Alla cerimonia hanno partecipato rappresentanti della comunità ebraica di Padova, parenti delle vittime e gli studenti del liceo classico Tito Livio. Sono stati proprio loro a ricordare i caduti, leggendo alcuni passi per ricordare le loro storie e le loro biografie, ora incise sul lato superiore del sampietrino, dove è stata applicata una targa in ottone, con il loro nome, l’anno di nascita, la data di arresto, la data e il luogo di deportazione e di morte. Il sindaco ha colto l’occasione per lanciare un messaggio anche su ciò che, attualmente, accade nel mondo e il rischio terrorismo sempre dietro l’angolo. Lo ha fatto citando Papa Francesco: «La fede non genera odio, non sparge sangue, ma richiama al dialogo» ha detto, prima di continuare «e proprio per questo, davanti all’abitazione di chi è stato vittima dell’odio, voglio anch’io ripetere che le differenze di religione e di cultura sono un’opportunità se hanno un comune denominatore: il rispetto dell’altro. Ricordiamocene sempre, ripentendo nei gesti, anche banali, della quotidianità, che senza l’altro siamo più soli, più poveri e più deboli. Alziamo la guardia, perché siamo di nuovo minacciati».

Luca Preziusi

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