Pietro e Lucrezia un amore spericolato alla corte estense

Lui giovane letterato già in auge. Lei, figlia di papa Alessandro VI Borgia e moglie di Alfonso d’Este
Di Paolo Coltro

di Paolo Coltro

PADOVA

È il 1502 e la vera grandezza di Pietro Bembo deve ancora arrivare: ma sta costruendosi, il giovane veneziano è già noto come letterato ed umanista, accettato, ricercato e quasi conteso da quel circuito intellettuale che si riconosceva tra Venezia e Firenze, e negli ambienti delle corti, e fino a Roma. Bembo è uomo di quel mondo, sta per maturare la scelta definitiva degli “ozi letterari” al posto dell'esistenza codificata del nobil homo veneziano e ha un notevole ascendente sulle persone. Sa stare al mondo, sa parlare, i suoi studi e la sua intelligenza lo rendono profondo: insomma, un uomo di successo, e per di più di una casata importante, il cui nome è ben conosciuto anche al di fuori di Venezia.

Gli è amico, tra gli altri, Ercole Strozzi, che è un latinista, poeta raffinato e funzionario alla corte del duca di Ferrara. Ercole lo invita a stare «quant'egli voglia» nella sua villa di Ostellato, nella campagna ferrarese, dove Pietro era già stato un paio di volte. Nell’ottobre del 1502 Bembo arriva, con il programma di continuare gli studi e di completare gli “Asolani”. Ci riesce, ma dev'esser stato meno facile del previsto, vista la distrazione che improvvisamente arriva.

La distrazione è una tempesta d'amore, dolce e violenta, appassionata e pericolosa. La tempesta perfetta, perché quell'amore è ricambiato. La lei è Lucrezia Borgia. Che si materializza un giorno alla villa di Ostellato, fiorente e splendida nei suoi ventidue anni, esile e bianca come un ritratto gotico, ma ridente, se non già ammiccante dentro la cornice dei suoi capelli biondissimi.

A stuzzicarne l'interesse è stato proprio Ercole Strozzi, che ha libero accesso alle sue stanze, in palazzo a Ferrara, e che le ha parlato e parlato dell'amico veneziano. Lucrezia infatti è la moglie di Alfonso d'Este, figlio ed erede del duca Ercole. Un matrimonio voluto dal padre di Lucrezia, papa Alessandro VI Borgia, per puro calcolo politico. Un matrimonio difficile: gli Estensi fanno parecchia resistenza, la fama della futura sposa non è delle migliori. Due matrimoni alle spalle, uno annullato con motivazioni scandalose, l'altro finito con il marito fatto ammazzare da Cesare Borgia, non sono credenziali cristalline. Prevale la politica e il 30 dicembra 1501 a Ferrara Lucrezia va sposa ad Alfonso. Stupendo tutta la corte e la città: per la sua bellezza, la sua grazia, la sua educazione. La città se ne innamora, ma probabilmente non Alfonso. Almeno all'inizio, perché poi da lei ha sette figli.

Meno di un anno dopo il matrimonio, avviene l'incontro con Bembo, e la malìa reciproca scatta subito: Pietro è affascinato, lei conquistata. Comincia una storia che non può che essere segreta, e pericolosa. Una storia che vive dei modi cinquecenteschi e di quelli senza tempo dell'amore. Tra i due ci sono dieci anni di differenza, ma Pietro è nel fiore della sua età di giovane uomo, lo descrivono bello, con un naso affilato, i capelli un po' lunghi. Ed è uno che fa capire subito quel che sente e quel che vuole.

Lucrezia non glielo nega e l'idillio si cementa in un amore vissuto pienamente. Lui le regala una sfera di cristallo, come ricorda in una bella ricostruzione della vicenda Daniela Nutini. Lei scrive di suo pugno il suo indirizzo su di una lettera speditagli dalla cancelleria estense; lei gli scrive copiando una cobla di Lopez de Esuniga: «Yo pienso si me muriese… que todo el mundo quedase sin amar». Lui le manda lettere nelle quali ricorda «la bella treccia simile ad oro» e «le ciglia d'ebano», e «le morbide guance», e «l'agile piede che si abbandonava al ritmo della danza».

Tutto di nascosto, con Ercole Strozzi che rischia grosso facendo l'intermediario, con la famiglia di Pietro a Venezia che sa e vorrebbe che quella storia finisse. Il padre di Pietro, Bernardo, lo richiama a Venezia, fa pressioni continue, addirittura lo candida alla carica di ambasciatore in Francia: purché si togliesse da quella «situazione disperata». Forse Alfonso comincia a sospettare qualcosa, le convenienze devono comunque restare intatte. Ma niente: Pietro anche torna a Venezia, ma subito dopo riparte per Ferrara, là c'è Lucrezia con il suo calore e la sua dedizione. È Bembo ad ideare il motto su una medaglia fatta coniare da Lucrezia: vi è incisa una fiamma, e intorno le parole «Est animum», consuma l'anima. Per ringraziarlo, Lucrezia gli dona quella ciocca di capelli che si potrà vedere in mostra a palazzo del Monte di Pietà.Si consuma l'anima, ma si consuma anche la fiamma, poco alla volta. Pietro pubblica gli “Asolani” e in alcune copie c'è la dedica a Lucrezia.

Nell'agosto del 1503 muore Alessandro VI: per Lucrezia è un colpo duro, capisce subito che le fortune della famiglia tramonteranno velocemente. E Pietro? L'ama ancora, vorrebbe restare. Ma il 30 dicembre 1503 muore a Venezia suo fratello Carlo, a soli 31 anni. Pietro resta l'unico maschio di famiglia, deve tornare. Torna. La sua lettera prima di andare dice: «Io parto, o dolcissima vita mia».

. (3 - continua

Le precedenti puntate sono uscite il 14 e 15 gennaio 2013)

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