Più di mille ogni anno all’estero

«È un dolore atroce. Immaginare una nostra studentessa in uno dei momenti più belli, andare in Erasmus, completare la propria formazione, conoscere il mondo, divertirsi. E sapere, poi, che ha perso la vita così, improvvisamente. È un grande lutto e un grande dolore». Con queste parole il rettore dell’università di Padova Rosario Rizzuto aveva commentato un anno fa la notizia appena appresa della morte di Elisa Valent. Da allora l’università non ha mai smesso di ricordare la studentessa friulana, «morta in servizio» - come ha sostenuto più d’uno - e divenuta simbolo, suo malgrado, della generazione Erasmus che all’università di Padova è ricca come in pochi altri atenei.
Sono stati oltre 1500, infatti, nel 2016, gli studenti padovani partiti con il programma Erasmus per un'esperienza di studio all’estero. La crescita, nel tempo, è stata esponenziale, basti pensare che nei primi anni si parlava di poche decine di ragazzi e appena cinque anni fa, nel 2012, gli Erasmus in uscita erano meno di 1.200. Dal 1987, anno di esordio del progetto, ben 20.218 studenti hanno fatto un’esperienza all’estero. La percentuale di iscritti all’università di Padova che sceglie di trascorrere un periodo di studio in una università all’estero ha ormai superato il 2,3 per cento degli iscritti all'ateneo, ed è in lieve ma costante aumento. Così anche la quota di ragazzi che arrivano a Padova dall’estero, percentualmente meno numerosi ma comunque in costante crescita. Attualmente, quello di Padova è il secondo ateneo italiano (dopo Bologna) per numero di studenti in uscita, e il terzo (dopo Bologna e Firenze) per numero di studenti in entrata. E di recente sono state modificate anche le regole per chi va in Erasmus: chi non torna dal semestre di studio all’estero con almeno nove crediti formativi - l’equivalente di uno o due esami, non proprio una missione impossibile - deve restituire all’ateneo la borsa di studio ricevuta, che varia da 230 a 280 euro al mese.
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