«Porta la bamba»: ecco le feste a base di cocaina della "Padova bene"

Nuovi particolari sulle serate organizzate dall’avvocato Davide Bergo, cui partecipavano professionisti e modelle. Punti caldi dello spaccio in città sono diventati bar e locali tra via Palestro e piazzale S.Giovanni

PADOVA. Cena e dopocena. Prima si mangia e si beve poi, come dicono in gergo, «si pippa». E si fa il resto. Sono state feste di Natale intense quelle a cavallo tra il 2011 e il 2012 per l’avvocato Davide Bergo e gli “amici” protagonisti dei suoi party, dove il “tiro” di cocaina è, più che un’optional, un’abitudine.

La sera del 26 dicembre, conclusa la cena nella casa in centro storico dell’amica e collega avvocatessa, si va avanti fino a notte a casa Bergo. «Portate tutto anche la bamba perché io sono fuori» avverte l’avvocato. E un amico: «Sento Misha (Zouhair Mahmoudi, il tunisino arrestato per spaccio, tra i più noti fornitori del giro della Padova-bene)».

Quel pomeriggio è tutto un giro di telefonate per organizzare la serata. Uno dei partecipanti pensa di invitare un’amica. Bergo replica: «A me basta che mi porti la bamba». È atteso pure l’amico farmacista 46enne che, nel frattempo, prende accordi anche lui con Misha per una fornitura. Alle 23.30 la comitiva (almeno in parte) si trasferisce in via Euganea 23, nell’appartamento del legale. E Misha viene di nuovo ricontattato perché serve ancora cocaina. Il tunisino acconsente e viene invitato a suonare il campanello quando sarà arrivato. Poi, via alla serata tra piattini di “neve” che passano di mano in mano. Eppure qualcuno si era già “carburato” come il farmacista: confesserà agli investigatori che, alle 7 di quella sera, prima di recarsi a cena, aveva già acquistato un “pezzo” di cocaina consumato nel bagno di casa dell’amica avvocatessa: «Ero chiuso dentro da solo, e nessuno poteva vedere quello che facevo». L’avvocatessa, sentita come “persona informata sui fatti”, aveva precisato di non aver notato nulla di strano nell’amico Bergo, che verso le 23.30, si era allontanato con due persone a lei sconosciute, e neppure nel farmacista.

La sera del 30 dicembre, vigilia di San Silvestro, Bergo e un altro gruppo di amici padovani partecipano a Milano alla festa di compleanno di “Claudio”, che mette a disposizione della chetamina, droga in uso tra i giovani, in origine un anestetico per cavalli. Un amico contatta Bergo e chiede: «Ma in via... bisogna venire con la spesa o no?». L’avvocato: «Con la scorta? No, avranno tutto loro credo, non so...». A un altro amico il legale spiega di essere a casa di “Claudio” tra «modelle serbe e puttane russe». «E tu che ci fai in mezzo a tutto questo? » interroga l’interlocutore. E Bergo: «Eh,... ho risolto io la situazione... Siamo a casa di un pusher, tesoro, siamo a casa di “Claudio”, cioè questo non ha niente». L’amico stupito: «Non ha niente il padrone?». «Esatto» insiste Bergo, «Queste erano venute qua perché volevano essere omaggiate... Lui ha solo la cheta, adesso gli ha dato la cheta mi par di capire, perché loro sono talmente orrende che hanno anche pippato la cheta...». L’indomani Bergo rivela al telefono: «... Abbiamo non solo offerto tutto l’ambaradan... In più ho fatto il delivery, 50 euro di alcolici perché non avevano neanche da bere». Il tunisino Misha rifornisce a piene mani il legale che, a sua volta, distribuisce la droga agli amici: tra loro il 23enne rampollo di una dynasty del mondo dello spettacolo incontrato in un hotel a Castelfranco Veneto. Misha è pure il pusher di tanti padovani che non risultano indagati perché comprano dosi per uso personale. L’appuntamento per lo scambio è in via Palestro qualche volta, di regola in piazzale San Giovanni dove, perfino la notte di Natale, un cantante lirico padovano, da due anni cocainomane, aspetta la consegna della sua dose da 60 euro al pezzo. Tra i clienti, una dj padovana 31enne che ammette al cronista: «Non faccio un uso quotidiano... Se capita... Dipende... L’avvocato Bergo? Lo conosco ma sarà due anni che non lo vedo». La donna aveva confermato agli inquirenti di comprare cocaina da Misha, uno o due pezzi alla volta per 50 euro ciascuno. Tra le consumatrici c’è una 39enne che, nel mese di dicembre, ogni due (al massimo tre giorni) telefona a Misha. Alla polizia confesserà: «Faccio uso di cocaina da due anni». Al telefono, nega tutto: «Questa storia uscita sui giornali? Sono sconvolta, allibita...». Alle domande, replica: «Misha? Lo conoscevo ma non sapevo che facesse queste cose. E poi guardi, la prego di non disturbare. E, soprattutto, c’è la privacy».

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