«Portatemi in cella non sopporto più mia suocera»

Meglio il carcere che vivere accanto alla suocera. Troppo dura l’esistenza forzata durante il lockdown (era agli arresti domiciliari) sotto lo stesso tetto in un’abitazione nel quartiere Madonna Pellegrina a due passi dal supermercato Alì. Così Salvatore Ciavarino, 42enne siciliano dal carattere irruento con residenza a Bovolenta, il 3 maggio scorso s’era presentato nella caserma della polizia in via d’Acquapendente dopo essersi strappato il braccialetto elettronico: «Portatemi in carcere, vi prego... Non ce la faccio più con mia suocera» aveva confessato stanco della convivenza che durava dal 3 febbraio. Una suocera che non aveva esitato a malmenare. Arrestato per evasione, ieri è arrivata l’assoluzione: non c’era la volontà di scappare solo quella di prendere le distanze dall’insopportabile (per lui, ovviamente) suocera. La sentenza è stata pronunciata dal giudice Giulia Leso che ha accolto la “lettura” sostenuta dal difensore, il penalista Andrea Frank. Attualmente Ciavarino è libero.

Lo scorso luglio la Corte d’appello di Venezia ha riformato la sentenza che il 15 gennaio lo aveva condannato a 4 anni e due mesi per lesioni volontarie perché aveva accoltellato un vicino di casa dopo un diverbio. I giudici lagunari hanno ridotto la pena a due anni e Ciavarino, che ha diversi precedenti penali per lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e violazione degli obblighi legati alla Sorveglianza speciale, è uscito dal carcere.

Il 10 agosto 2019 il diverbio con un vicino di casa era sfociato in una lite violenta. Prima l’alterco solo verbale, poi la vittima si era allontanata raggiungendo un bar del paese. Ciaravino lo aveva raggiunto, armato di un coltello e subito aggredito fratturandogli un’orbita oculare e il setto nasale, e poi facendogli saltare due incisivi, prima di concludere con un paio di coltellate al volto e alla gamba. Il vicino era stato ricoverato in ospedale per 20 giorni (40 giorni la prognosi), una volta dimesso era tornato a casa. E Ciavarino lo aveva aggredito di nuovo, finendo stavolta dritto in cella. —



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